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STORIE

Dott.ssa Lydia

Cari lettori e care lettrici,

grazie per la vostra visita a questa pagina dedicata alle STORIE.

Eccovi alcuni dettagli per aiutarvi a orientarvi al meglio:

- la sezione STORIE vi fornirà spunti di riflessione ispirati dalla morale a fine di ogni storia;

- la sezione MI É STATO CHIESTO ... raccoglie le risposte alle domande a me rivolte nel corso della mia lunga carriera di scrittrice.

- la sezione INTERVISTA è la trasposizione scritta della mia intervista rilasciata a G. Dalle Molle, giornalista, editore, ideatore e direttore della rivista narrativa Inchiostro, con cui ho collaborato per diversi anni.

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Lasciatevi ispirare dalle STORIE

(Ogni storia è opera di finzione e non descrive nessuna persona o eventi reali)

Paride non è più qui

Copertina Storia Paride non è più qui

Il giudizio di Maura

Coperina Storie Il giudizio di Maura

Specchio delle mie brame

Coperina Storie Specchio delle mie brame

Giulietta pigliatutto

Coperina Storie Giulietta pigliatutto

Scritto da una persona, non da una macchina

PARIDE NON È PIÙ QUI*

Storia online


Quando mi comunicarono all'ospedale che per mia moglie non c'era più nulla da fare, volevo gettarmi giù dalla rampa di scale.

Rincasato, ho scaraventato a terra tutto quanto si trovava sui pensili e sulle mensole. I suoi adorati libri, i suoi film, la sua musica, le foto. Ero circondato da tutte le sue cose sparse sul pavimento. Stavo in ginocchio, in mutande, piangente e disperato... Cose che mi parlavano di lei e dei suoi numerosi interessi, ma che non me l'avrebbero riportata a casa. Era l'unica, a detta di molti, a essere stata in grado di sopportarmi, di guidarmi e di tenermi testa.

Ho preteso dalle figlie che mi aiutassero a rialzarmi, che si precipitassero a ogni mia chiamata, che mi dessero conforto, che mi distogliessero dai miei stati depressivi, che buttassero via tutto quanto mi ricordasse lei, sotto la mia stretta supervisione. Non volevo più avere nulla in giro e i pochi oggetti che loro giustamente reclamavano li ho gettati in uno scatolone, rendendo il contenuto irrimediabilmente danneggiato e inutilizzabile.

Nessuno ha fatto loro le condoglianze. I miei parenti, i miei colleghi, i miei amici, i vicini di casa, tutti le conoscevano e sapevano della loro esistenza, ma nessuno le ha mai consolate, aiutate, supportate. Colpa mia che le ho sempre volute tenere fuori da quello che ho sempre considerato mio. Con la morte della loro  madre non hanno avuto più riferimenti, più sostegni, più certezze. Incurante della loro sofferenza, le ho accusate falsamente di furto, di maldicenza, di invadenza, di opportunismo. Ho abusato della loro pazienza, ho promesso senza mantenere, ho approfittato della loro buonafede, giustificando le mie azioni e i miei pensieri con l'immenso dolore che provavo per la perdita della mia amata. Le ho precluse dal frequentare la casa dove tutti noi avevamo vissuto i nostri momenti insieme negli ultimi 20 anni e ho cambiato la serratura per timore che potessero entrare in mia assenza, sebbene sapessi che non l'avrebbero mai fatto.

Nonostante il mio distacco, il mio egoismo e la mia insensibilità nei loro riguardi, mi hanno sempre agevolato, aiutato, ascoltato, mosse dall'affetto per me. Si sono fatte carico di tutto, dalla gestione del funerale, alle pratiche burocratiche, indifferente alle loro lacrime di fronte agli impiegati dei vari uffici, ai colloqui con i medici e psicologi, affinché mi seguissero nel mio stato emotivo devastato. Le ho costrette a rinunciare alla loro quota di eredità e con un meschino sotterfugio mi sono appropriato indebitamente della casa e della somma di denaro che diligentemente mia moglie aveva loro destinato. Dopotutto, avevo bisogno di comprare un'auto nuova. Le ho trattate in malo modo e, anche quando ho visto nei loro occhi la loro delusione e disapprovazione, non ho chiesto scusa né ho riparato in alcuna maniera.

Ho preferito allontanarle fisicamente ed emotivamente. Tutto sommato, non sono più delle bambine e possono benissimo cavarsela da sole. I loro problemi non sono i miei, neanche quando una di loro è rimasta fuori casa in tarda serata e, pur di non darle ospitalità in casa della loro madre, le ho detto: «Vai da tua sorella, arrangiati con lei».

Mi facevo vivo qualche volta per gli auguri di Natale, Pasqua o per avanzare pretese, ma guai se mi telefonavano loro! Mi arrabbiavo. Poi, ho preferito non farmi più vivo, declinare i loro inviti ai compleanni, alle cene, alle ricorrenze, alle commemorazioni. Ho voluto cancellarle dalla mia vita, perché con me non c'entravano più. Si è chiuso un capitolo, si è innescato un meccanismo nel mio cervello di non ritorno. Ma non sono capace a stare solo. Per questo motivo, mi sono buttato nelle braccia della donna che mi aveva corteggiato spudoratamente anche davanti a mia moglie, scarnendola e svilendola. Flirtava con me cercando la mia complicità, mentre mia moglie stava lottando contro il cancro.

Lei se ne era accorta a suo tempo, ma io negavo. Difendevo quella domestica così efficiente, perché mi sembrava inoffensiva e mia moglie solo immotivatamente ed esageratamente gelosa. Probabilmente, invece, aveva capito subito che tipo era e a cosa mirasse, ma ora mia moglie è morta, mentre la domestica è ancora viva e vegeta.

Si somigliano nel loro essere così innocentemente gradevoli e di bell'aspetto.

So che è tutta una recita da parte sua, so che non mi ama come dice, provenendo da una nazione dove le donne fanno di tutto per fuggire dalla loro miseria. Mi asseconda in tutto. Da vera furba si mostra gentile per guadagnarsi la mia fiducia, affinché mi prenda cura di lei e dei suoi due figli, i quali ben presto avrebbero rimpiazzato le due precedenti. Mira al mio status, ai miei soldi, alla mia casa. Forse le regalerò la casa di famiglia con tutti i mobili, i quadri, i tappeti, ogni cosa di valore appartenuti a mia moglie, perché io non avevo prima e non ho niente neanche adesso. Forse venderò tutto per andarmene con lei all'estero, proprio nel suo paese dove si vive da re spendendo poco. Magari il furbo sono io, non la disponibile domestica. Sono un vile? Un disgraziato? Un uomo senza cuore? Io bado solo ai miei interessi, frego prima di essere fregato, vivo per me stesso e di me stesso e ognuno pensi quello che vuole.

Mia moglie ha sempre creduto in Dio, nel al di là, nell'espiazione, nel pentimento, nella giustizia divina, io no. Sicuramente avrebbe, ancora una volta, ragione.

Paride non è più qui con la testa, con il cuore. Mai stato.

MORALE: Pratichiamo il perdono (pratica di trasformazione, crescita, sviluppo, virtù) sia nei confronti degli altri che per noi stessi.

 

I legami di parentela non sono necessariamente condivisione di sentimenti e valori simili né garanzia di rapporti duraturi.

Non abbiamo il controllo sulle persone né dobbiamo aspettarci che esse agiscano secondo nostra volontà e nostro gradimento. Possiamo, invece, prendere atto della realtà e cambiare il modo in cui reagiamo a quei comportamenti che reputiamo tossici/dannosi/fastidiosi/ingiusti nei nostri confronti.

Ecco che viene in soccorso il per-dono (rendere dolore e amore un dono).

Perdonare non significa giustificare (provare compassione sminuendo l'azione compiuta) o dimenticare (lasciando andare negando il giusto peso dell'accaduto) e neanche non reagire all'evento (disinteressandone, fregandosene, beffandosene), ma piuttosto comprendere la radice del dolore che ha portato la persona ad agire con violenza, svuotare la sofferenza collegata al ricordo, agire consapevolmente, liberi dal peso emotivo che ci trascina verso il basso (odio, rabbia, rancore, vendetta).

Solo in questo modo attiviamo la capacità di rendere la nostra vita veramente un dono.

*Ogni riferimento a fatti realmente accaduti e/o a persone realmente esistenti è da ritenersi puramente casuale, poiché ogni storia è opera di fantasia e frutto dell'attività creativa dell'autrice.

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IL GIUDIZIO DI MAURA*

Storia online 

Appassionata d'arte, Maura studia per diventare, un giorno, un'artista pittrice.​

La sua camera è adibita ad atelier. Cavalletti, pennelli, tele, tubetti ad olio, spruzzate di colore sulle pareti ornano i suoi spazi.

Maura sogna a occhi aperti sul davanzale della sua finestra, ben conscia della sua smania di successo e, determinata com'è, dei traguardi che raggiungerà fuori dal suo piccolo contesto contadino. Maura è una ragazza ambiziosa. Dall'altezza imponente, chioma folta e riccia con un sorriso che conquista, sa mettere gli altri a proprio agio. È dotata di una simpatia contagiosa e di un'apparenza ingenua e disarmante.

Trasferitasi in città, per mantenersi durante gli studi accetta volentieri lavoretti saltuari come modella, prestando il suo corpo senza grazia a fini artistici, bodyart, video amatoriali, foto, disegno dal vivo, passerelle di moda di poco conto.

La bellezza non convenzionale di Maura cattura sicuramente l'attenzione degli uomini, ma nel mezzo di storie d'amore effimere, si sente indecisa sul suo futuro con Elvis, il fidanzato conosciuto alle scuole superiori. Nonostante i suoi continui tradimenti e un paio di aborti, lui rimane sempre innamorato e al suo fianco, deciso a sopportare le sue inquietudini e la sua fedele emicrania che la rende spesso bisbetica e nervosa. Maura ne è sempre stata affetta, sin da adolescente, resa sempre più assillante dalla sua tossicodipendenza da farmaci e droghe.

Lei sostiene che per essere libere ed emancipate nella vita bisogna sperimentare tutto.

Con il suo infantile entusiasmo combinato a un certo lassismo, si lascia trasportare dagli eventi. Viaggia, si diverte, si ubriaca, fuma, si macchia di numerosi tatuaggi, accumula ogni sorta di esperienza. Usa le singole circostanze come un teatrino a uso e consumo di e per sé stessa. Ama essere al centro dell'attenzione, essere notata, ammirata, cercata. Annovera tanti amici come lei e il loro coinvolgimento non fa altro che accrescere la sua voglia di presenziare e primeggiare.

​Ultimati gli studi, il lavoro scarseggia. Le idee non le mancano, ma i fondi non le permettono di attuarle. Un bel giorno, a corto di nuovi stimoli e annoiata dal tipo di vita girovaga e superficiale, decide di punto in bianco di sposare Elvis.

Il matrimonio è studiato in tutte le sue minime sfaccettature e celebrato in chiesa davanti a una folla in delirio; lei in vestito da sposa in grande stile, fuori dagli schemi, lui in completo convenzionale. Davanti a Dio giurano di amarsi e onorarsi finché morte non li separi.

Dall'unione dei due sposi nascono Alice e Cora, due bambine viziate che frequentano la scuola paritaria, gli scout e le attività parrocchiali del piccolo paese di provincia paterno.

​Maura conosce tutti e si fa conoscere da tutti come moglie e madre modello. Ha messo giudizio e ha messo il suo giudizio sopra ogni cosa e persona.

​Il matrimonio e la maternità non l'hanno cambiata. Soffre ancora di emicranie ed è ancora dipendente dai farmaci che assume regolarmente per curare il mal di testa.

Riversa il suo egocentrismo non più nelle feste senza freni, ma sui social network. La sua voglia di protagonismo traspare in ogni suo post pubblicato, in ogni sua reazione, in ogni suo commento.

​La sua onnipresenza online è ingombrantemente virale.

Con orgoglio fornisce consigli di pediatria, di cucina, di economia domestica, di imprenditorialità, di design. Se ne esce con citazioni filosofiche pescate qua e là in rete, predica perle di saggezza, elargisce preghiere, condivide messaggi di speranza, incoraggia i giovani talenti, interagisce con persone da tutto il mondo, pur non conoscendo nessuna lingua straniera. Promuove e pubblicizza ogni evento della sua vita privata e pubblica. Partecipa a ogni manifestazione di paese e si lancia nei progetti più disparati. Sponsorizza il messaggio clericale, i gruppi, la musica e il canto religiosi, le iniziative benefiche, si candida pure alle elezioni comunali, ma non riesce a essere eletta.

Ripiega, allora, su un lavoro come assistente. La famiglia diventa il suo nuovo centro d'interesse. Comincia a desiderare molti bambini da poter esibire e coronare il suo primato genitoriale.

Alla vigilia dei quarant'anni rimane incinta di Giambattista, assecondando così il suo immane desiderio di avere un maschietto.

Elvis è rimasto senza lavoro, ma non le importa, ci penserà lei a mantenere la prole solo con l'ottimismo e l'energia.

La visibilità è tutto per lei.

Si immortala scattando foto a cene, pranzi, colazioni, gite, incontri con le nuove amiche, tutte rigorosamente mamme e pazze di lei. Si accompagna sempre a donne maritate con prole al seguito. Le amiche non coniugate di vecchia data non possono più far parte della sua nuova vita. Le amiche sposate senza figli non meritano di essere frequentate, poiché, da assidua delle messe domenicali, un matrimonio senza scopi prolifici non è ammesso. Si nega a tutte quelle persone indegne della sua nuova immagine costruita ad arte per il suo nuovo pubblico reale e virtuale.

Il giudizio di Maura è perentorio e insindacabile. Rinnega, nega, sentenzia, evita, snobba, seleziona a suo piacimento. Il suo essere donna, lavoratrice, moglie e madre l'ha convinta ad avere una certa superiorità e supremazia nei confronti di chi non rientra nei suoi nuovi canoni autoimposti. Il suo incommensurabile giudizio tocca tutti, ma nessuno può osare altrettanto, pena una severa critica e l'ostracismo di tutta la sua ammaliata corte.

Maura è ciò di cui si nutre ed è nutrito il suo piccolo mondo di insicurezza, complessi, ipocrisia, ignoranza.

MORALE: Gli amici si scelgono.

 

Le persone che frequentiamo impattano notevolmente sulla nostra salute psicofisica. Si rende, perciò, indispensabile interrogare il nostro mondo interiore: «Come mi sento?», «Qualcuno ha urtato i miei sentimenti?», «Mi ha umiliato/a?», «In che modo?», «Cosa mi ha ferito/a?», «Perché penso che abbia detto o fatto ciò che mi ha contrariato/a?», «Scherza in maniera rispettosa e affettuosa?», «In quale circostanza ho assecondato tale atteggiamento?», «Qual è il limite che sono in grado di sopportare?», «Cosa non tollero assolutamente?», «Cosa mi porta a frequentare tale/i persona/e?».

Ognuno di noi ha il dovere, nei propri confronti, di attivare una selezione accurata delle amicizie, finalizzata a circondarci solo di persone con cui stringere legami autentici e che ci facciano sentire a nostro agio sia con loro che con noi stessi.

*Ogni riferimento a fatti realmente accaduti e/o a persone realmente esistenti è da ritenersi puramente casuale, poiché ogni storia è opera di fantasia e frutto dell'attività creativa dell'autrice.

SPECCHIO DELLE MIE BRAME*

Storia online

La chiamano Ponia per il suo sorriso sornione, per la sua statura bassina e per il portamento non proprio elegante, dovuto ai suoi trascorsi di ragazza in sovrappeso.

Per mascherare la sua estrema timidezza e riscattarsi dalla sua scarsa autostima, esibisce boriosamente il suo essere una madre adottiva con la stessa disinvoltura del suo vestiario, un abbigliamento alquanto eccentrico che porta ad esempio sé stessa, trovando nei particolari dissonanti e negli accessori improbabili la cifra del suo stile individualista.

​Per non sentirsi sola nel suo universo di complessi ha pensato bene di immettersi nel filone delle saccenti che le permette di non passare inosservata.

Se l’avessero mai criticata, sarebbe stato per la sua parlantina veloce e non per il suo aspetto fisico che trova non all’altezza delle sue aspettative.

Non perde tempo, infatti, a far notare i suoi, a suo dire, difetti fisici: le gambe grosse, i polpacci troppo sviluppati, le braccia flaccide, la mezza statura e l’appena accennato strabismo, spacciando le sue dissertazioni estetiche per autoironia.

In realtà, cerca continuamente la smentita alle sue descrizioni così minuziose con dovizia di particolari, dimostrando di possedere anche una discreta dose di civetteria.

Si elegge portavoce e si erge a paladina di tutte coloro le quali, a suo modo di vedere, presentano le sue stesse o simili caratteristiche morfologiche, con la sola differenza che loro, al contrario di lei, si accettano con clemenza e si piacciono.

Non ama indossare i pantaloni che metterebbero in risalto le sue asimmetrie, prediligendo, invece, le gonne larghe dai colori vivaci per distogliere lo sguardo dalle sue imperfezioni e i tacchi alti per slanciare l’intera sua figura.

Ponia sente di avere una vocazione da condividere e trasmettere agli altri, quella di sapere tutto lei.

Nessuno è bravo quanto lei, nessuno conosce meglio la materia sulla quale è efferatissima per studi ed esperienze, non tenendo conto, però, che tanta erudizione va sempre dosata, mai spiattellata.

Ostentata nella sua forzata allegria, risulta quasi odiosa nella sua persistenza.

Permalosa, dispettosa, rancorosa e vendicativa, sotto forma di non spontanea simpatia, trova sempre il modo per sminuire il suo interlocutore, liquidandolo con una battuta schietta e pungente. Non è raro che cancelli repentinamente l'iscrizione alla sua newsletter coloro i quali osino muoverle qualche critica costruttiva o testimoniare la propria motivata non soddisfacente esperienza.

Trovandosi per scelta in mezzo a persone che pendono dalle sue labbra in attesa di un suo consiglio, di una sua direttiva, di una sua personale visione o di una soluzione ad una problematica esposta, Ponia si sente a suo agio nel dispensare pedantemente le sue pillole di filosofia spicciola, sempre pronta a cogliere il più impercettibile grido di aiuto.

Non sempre, però, mantiene i suoi buoni propositi.

Ponia, immersa nel suo mondo, ignora completamente le parole degli altri, cercando costantemente di essere al centro dell'attenzione. Con nervosismo e una certa arroganza, ribadisce le sue verità, sottolineando l'inettitudine altrui con osservazioni puntigliose. Questo comportamento, anziché rafforzare la sua posizione, la porta a perdere ogni credibilità, trasformando le sue lezioni in futili chiacchiere.

Scambi di nomi e di persona, errori di valutazione, giudizi affrettati, ritardi nell’espletare un servizio da lei promesso, compromettono non solamente la sua reale o presunta capacità di svolgere correttamente il proprio lavoro, ma, soprattutto, la fiducia che molti individui ripongono nel suo sfoggiato operato.

La tanto decantata e pubblicizzata professionalità lascia il posto allo scontento e alla delusione.

Non bastano le poche ed entusiasmanti recensioni, più o meno artefatte, del suo patinato blog per infondere un sentimento benevolo, ispirare uno stato d'animo positivo, comunicare e trasmettere qualità, abilità, energia. Ponia, crogiolante nella sua boria straripante, questo non lo sa.

MORALE: Diffidare dei professionisti maleducati, presuntuosi e permalosi!:-)

 

Per quanto un/a professionista sia conosciuto/a, volenteroso/a, preparato/a nel suo settore di riferimento, ciò non equivale che sia anche una bella persona, che abbia un carattere e una educazione tali da essere in grado di rapportarsi adeguatamente con i più variegati clienti e adottare un atteggiamento sempre professionale verso qualsiasi voce che non sia volta esclusivamente a favorire e nutrire il suo ego.

*Ogni riferimento a fatti realmente accaduti e/o a persone realmente esistenti è da ritenersi puramente casuale, poiché ogni storia è opera di fantasia e frutto dell'attività creativa dell'autrice.

GIULIETTA PIGLIATUTTO*

Storia online

Giulietta, ventisette anni, conduce la classica vita della ragazza ricca e viziata.

Si trastulla per il mondo, spende eccessivamente in accessori e beni di lusso, gira in auto sportive e il suo yacht è luogo di festosi eventi, in compagnia di persone frivole e superficiali come lei.

​Possiede tutto, nonostante ciò avverte un grande senso di vuoto. Le manca l’amore.

Giulietta cerca l'amore tra i privilegiati della sua esclusiva cerchia sociale e lo trova in un uomo affascinante e benestante. Con una carriera ereditata dal suo facoltoso padre, lui può appagare ogni suo desiderio, incluso quello di conquistare il cuore di Giulietta.

​Lei, però, non ha messo in conto il suo carattere irascibile e la sua vita dissennata. Le varie tipologie di dipendenza che lo attanagliano minano la loro relazione, durevole il tempo dello stappo di una bottiglia di champagne. A seguito di ogni genere di angherie, Giulietta ha un crollo fisico e psicologico.

​In preda a un ciclone emotivo, il suo malessere aumenta, finché non viene ricoverata per lungo tempo in una clinica specializzata.

Trascorrono dieci anni e Giulietta ha costruito un impero multimilionario. Si è sposata con un giocatore di poker, ha una villa con piscina e campo da tennis, ha il suo autista di fiducia, il suo cuoco personale, il quale soddisfa alla lettera ogni sua voglia alimentare, e ha tre bambini, con i quali ama fare selfie di linguacce e smorfie irriverenti da pubblicare sui suoi numerosi profili social.

​Voleva girare il mondo e lo ha girato, voleva diventare una imprenditrice di successo e lo è diventata, voleva essere il faro di adoranti seguaci e lo è, voleva dimagrire ed è calata di peso. Giulietta ha persino realizzato il desiderio di avere un suo spazio in una radio nazionale, dove parla della sua vita. Se il programma ha avuto successo o meno è un'altra faccenda. È ormai famosa in tutto il mondo e ha raggiunto ogni traguardo che si era prefissata, come un robot programmato per conseguire obiettivi ben definiti.​

Suo malgrado, ancora una volta, prova una grande frustrazione nel non riuscire a colmare il senso di vuoto che non l’abbandona mai.

​Ha una forte crisi di nervi, dovuta, probabilmente, alla sua forsennata ricerca di risposte alle sue domande esistenziali: «Chi sono?», «Che scopo ha la mia vita?», «Sono felice?», «Sto vivendo come voglio?», «Cosa posso fare di più?».

​Ripercorre mentalmente la vita dei suoi ultimi dieci anni e si accorge che non è soddisfatta. Ha tutto, è invidiata da tutti, ma cosa conoscono gli altri di lei veramente? Gli abiti firmati che sfoggia? Gli eventi mondani a cui partecipa? Le personalità di spicco che frequenta? La sua esistenza patinata sulle riviste e sui social media?

​L’autoreferenza non l’appaga più. Capisce di voler condividere ben oltre le apparenze. Non solo, desidera anche arrivare al cuore della gente, aiutare le persone. Proprio lei che non sa aiutare nemmeno sé stessa, ma non importa. Il suo nuovo obiettivo è diventare popolare al di fuori del gruppo esclusivo che si è creata, il punto di riferimento di tutti coloro che si sentono smarriti.

​Le risulta facile assumere un professionista che scriva i suoi testi, una psicologa che parli per lei, una guida spirituale che le insegni a meditare, un social manager che amministri i suoi profili in rete, i suoi gruppi, le sue communities, una fotografa che scatti i lati migliori della sua figura artefatta, una consulente d’immagine che la valorizzi, un web designer che confezioni il suo nuovissimo sito. Coinvolge il marito nell’impresa e mette in bella mostra anche i suoi figli. Si circonda di due cani che compaiono onnipresenti in ogni sua foto di pubblico dominio per attirare nuovi seguaci e aggraziarsi gli amanti degli animali.

​Con tutto il denaro che ha a sua disposizione può permettersi di comprare l’eccellenza in ogni campo. Così si convince, un giorno, quasi per noia, che vuole scrivere la sua autobiografia e lo fa. Pubblica il suo primo libro in cui, attraverso le sue esperienze di vita, dispensa consigli su come raggiungere il benessere interiore, come controllare l’emotività e afferrare la felicità.

Molti dei suoi fan sono affascinati dal suo nuovo ruolo e ascoltano attentamente ogni sua parola; Giulietta si sente appagata da questo potere che ha sulle persone comuni.

​Firma copie estasiata dalla sua nuova carica, convinta di essere diventata una rinomata scrittrice, dal nulla, senza studi né preparazione di alcun tipo. Ma lei può tutto e il suo gregge asseconda il suo stato delirante di onnipotenza.

​Sono anni intensi, ma le sue domande rimangono in sospeso e la sua ricerca perdura tra autografi, scatti di fotografie e inviti da tutte le parti.

​Giulietta è allo stremo delle sue forze. Non può più continuare a giocare a rivestire più ruoli. Perché sente un immenso vuoto dentro di lei? Cosa le manca? Fare l’attrice. Perché non cimentarsi in televisione? E perché non in teatro o fare cinema?

Ha pianificato ogni dettaglio con cura, e i suoi sforzi si riflettono nel successo professionale e nell'aumento delle sue entrate. Le persone la cercano incessantemente, venerandola come una dea incarnata e una salvatrice di anime in difficoltà.

A livello personale prova ancora solo frustrazione. È una persona di testa, non di cuore.

​Giulietta si sta perdendo di vista, ci sta rimettendo in salute fisica e psicologica, non si ascolta, non si ama, mendica affetto, non mette in pratica ciò che propaga agli altri con tanta falsità.

Rifugge il vuoto esistenziale divenuto sempre più una voragine, facendo della sua vita una totale condivisione pubblica, in cerca di accettazione, rassicurazione, venerazione.

Condividere è la missione assoluta delle sue giornate, dispensando frasi motivazionali, consigli, prediche, sermoni che li ritornano addosso come grandi boomerang.

​Ben presto, infatti, le folle adoranti che fino a ieri erano disposti a comprare tutto ciò che propinava loro, si trasformano improvvisamente in persone che l’abbandonano, disaffezionate e stanche di lei, disinteressate della sua, in fondo, miserevole vita.

MORALE: Non si placa il vuoto esistenziale cercando all’esterno ciò che all’interno non si trova.

 

Circondarsi di ricchezze, fama e visibilità non dona in automatico la pace interiore, la serenità, l’energia rigenerante. Investire il prossimo della propria infelicità, insoddisfazione e frustrazione non è la soluzione ai propri problemi, disagi, malesseri.

Coltivare l’interiorità, porre l’attenzione sulla propria essenza, essere sinceri con sé stessi, non negare la verità su chi si è nel profondo, prendere coraggio su cosa perseguire al fine di un ben-essere duraturo, è un lavoro che richiede tempo, pazienza e un buon grado di consapevolezza. L'esistenza umana rappresenta un percorso di continua autoscoperta e crescita. È un viaggio verso il miglioramento, che solo una persona responsabile, equilibrata e motivata può intraprendere. Con curiosità e determinazione, si possono esplorare le proprie potenzialità e impegnarsi in ciò che si è capaci di fare al meglio, per vivere appieno la vita.

*Ogni riferimento a fatti realmente accaduti e/o a persone realmente esistenti è da ritenersi puramente casuale, poiché ogni storia è opera di fantasia e frutto dell'attività creativa dell'autrice.

MI É STATO CHIESTO ...

Dott.ssa Lydia, da dove nasce la Sua passione per la scrittura? Non so se si tratta di una passione o, forse, una tra le tante. La scrittura mi ha sempre permesso di imprimere su carta i miei ragionamenti molto più velocemente delle parole dette a voce. Mia madre era una scrittrice e assidua lettrice che mi ha trasmesso l'amore per la lettura, per le grandi opere classiche e per gli scrittori di qualità. La scrittura ha cominciato a prendere forma da quando ho imparato a scrivere da bambina, diventando subito chiaro che non l'avrei lasciata più.
Pubblica libri, scrive articoli, recensioni, racconti, poesie, sceneggiature, post. Come ci riesce? Mi riesce facile, naturale. Mi ritengo una privilegiata, perché mi piace ciò che faccio e mi sento onorata di avere tanti lettori e lettrici fedeli, ma sono consapevole che nulla è scontato. Con ogni testo mi metto in discussione, e non so mai se ciò che condivido incontrerà il favore del pubblico.
Si aspettava avrebbe avuto così tanto successo quando ha iniziato a scrivere? Non ho mai pensato al "successo" in termini economici e di notorietà. Il successo per me è solo ciò che è accaduto prima, quindi già passato, perciò non mi adagio mai sugli allori. Non esiste una ricetta miracolosa valida per tutti per ottenere ciò che si desidera. Scrivo perché mi piace e lavoro quanto basta, senza alcuna certezza, perché scrivere è un mestiere da prendere sul serio. Il mio obiettivo è infondere nella mia scrittura, nelle persone e nei fatti che compongono le mie storie, i valori che mi sono stati trasmessi. Sono valori condivisi da tante persone, ma che non sempre riscontriamo così frequentemente nella vita quotidiana.
Scrivere per un pubblico così vasto Le ha cambiato la vita? Non potrei fare a meno di scrivere. Non ho mai scritto solo per me stessa, ma che sia anche solo per una, 10, 100 o migliaia di persone, la mia "spinta" a condividere riflessioni, esperienze di vita, valutazioni e ragionamenti è sempre la stessa.
Le opinioni sul Suo lavoro da scrittrice sono cambiate nel tempo? I miei famigliari e gli amici più stretti sanno che per me la scrittura, seppure frutto di opera intellettuale, è artigianato puro, in quanto fusione tra l'afflato artistico e la concretezza di un prodotto finito, preferibilmente di qualità e valore, che deve essere divulgato e promozionato, sia che sia a titolo gratuito che a pagamento. É un lavoro che richiede studio, ricerca, analisi, concentrazione, dedizione, tempo ed energie. Per i più, invece, scrivere è solo un passatempo, anche una perdita di tempo, non un lavoro vero e proprio. Non mi prendono sul serio quando dico che faccio la scrittrice, e la domanda è sempre la stessa: «Sì, ma, veramente, che lavoro fai?»
Come fa a scrivere contenuti così diversi, in più direzioni e su più fronti? L'ispirazione, l'idea, lo spunto nascono all'improvviso e ci lavoro in seguito per dare forma e senso a ciò che andrò a pubblicare. Ogni testo è per me l'opportunità, ogni volta, di inoltrarmi in una nuova dimensione, di aprirmi alle novità, di esplorare ambiti variegati, di interagire con varie persone che comunicano in maniera differente. Mi piace il dibattito, il confronto, lo scambio di pareri e punti di vista. Li trovo sempre molto interessanti.
Da dove prende l'ispirazione, l'idea, lo spunto per ciò che scrive? Dalla vita di tutti i giorni, dai miei sogni, dalla mia fervida immaginazione, dai miei voli pindarici, ma anche dalla realtà, dall'osservazione e dall'ascolto. Nulla di ciò che partorisce la mia mente è definitivo. Quello che potrebbe diventare un progetto testuale subisce continue trasformazioni, revisioni, correzioni, aggiustamenti, finché non diventa come voglio che sia. Quando rispondo alla domanda che mi pongo: «Cosa voglio comunicare con questa/o storia/articolo/libro/post/...?», allora mi è chiaro come imbastire un progetto e comincio a scrivere.
Ci sono elementi reali, biografici e autobiografici in ciò che scrive? A volte. Dipende dalla finalità dell'opera. Nel mio libro "Vivere in piena consapevolezza a 360°" scrivere frammenti della mia storia era indispensabile per il messaggio che volevo trasmettere. É pacifico che ci siano "parti di me", della mia personalità, mentalità, cultura, dei miei precetti educativi, ecc. che traspaiono dai miei testi, dal momento che ne sono io l'autrice. Anche le persone, gli eventi, i fatti di cronaca, le conversazioni, sono tutti elementi da cui estraggo la "traccia" su cui sviluppare una storia, condita da tanta immaginazione.
Scrive pensando a un pubblico in particolare o non Le interessa? Dipende dalla destinazione del contenuto scritto; se si tratta di un post da pubblicare su un "social", se è un articolo per un sito web, una rivista, un blog con un pubblico già ben profilato. In generale, ciò che scrivo per i miei progetti in rete o in cartaceo può piacere o non piacere, quindi avviene già una selezione naturale tra chi usufruisce dei miei contenuti, delineando un pubblico che oggi mi segue e domani, magari, non più. Le persone sono molto volubili, rese tali dall'enorme quantità di offerta di qualità o meno che trovano in rete.
Se dovesse quantificare, fornire un numero anche approssimativo, quanto ha venduto finora? All'inizio, scrivere è stato un investimento in perdita di denaro. Ma non ho mai dato importanza ai numeri né per quanto riguarda i seguaci né per i lettori né per la mia produzione scritta, né tantomeno per i guadagni, se avevo da guadagnarci, tra l'altro. Non sono quelli a determinare il valore di ciò che scrivo, perciò non saprei quantificare. I numeri vanno sempre interpretati mettendoli in relazione a diversi elementi, epoche e contesti.
Qual è il Suo stato d'animo quando scrive e prima della pubblicazione di un Suo scritto? Entusiasta, sempre. A differenza di molti altri scrittori che compongono le opere migliori quando sono tristi o disillusi dalla vita, io scrivo quando mi sento bene, perciò mi sento di scrivere che, a sua volta, mi fa sentire bene. É un circolo virtuoso.
Ricorda il complimento più bello che Le hanno rivolto per il Suo lavoro da scrittrice? Sono parecchi, in verità. Quelli che mi fanno più piacere, in quanto colgono il motivo per cui scrivo, hanno tutti lo stesso comune denominatore: far riflettere. Quando qualcuno mi ringrazia per averlo fatto riflettere su un determinato argomento o sul senso della propria esistenza, allora ho adempiuto alla missione.
Ha una preferenza di scrittura o un genere in particolare che sente più Suo? Scrivere è per me sinonimo di libertà. Libertà di esprimermi, di essere, di comunicare, di trasmettere, di studiare, apprendere e conoscere. Si tratta di un momento in cui sono in rapporto esclusivo e totalizzante con la mia creatura, riflesso di un determinato contesto, periodo, sentimento, volere. Spazio molto a seconda del mio sentirmi a mio agio in una data dimensione. Non avrei mai potuto scrivere, oggi, i racconti fantastici pubblicati una decina di anni fa, come i tempi non erano ancora maturi, ai tempi, per scrivere il mio primo libro di saggistica "Vivere in piena consapevolezza a 360°" che trova solo ora il suo momento "magico". C'è un tempo per ogni testo. Essendo, inoltre, di natura eclettica, non ho mai voluto restringere il mio piacere di scrivere e di leggere a un solo genere, né cedere alle mode del momento, né piegarmi alle leggi del mercato editoriale.
Per coloro che non hanno ancora familiarità con il Suo Universo, lo può definire? Non amo le definizioni, faccio sempre molta fatica a etichettarmi, lo lascio fare agli altri, come meglio desiderano. Mi piace la libertà che mi offre la scrittura, quindi la varietà, la fluidità, la contaminazione tra generi, registri, ecc. Annoiandomi la ripetizione, la fossilità, l'abitudine o, almeno, il tentativo di rendere tutto statico e definitivo, non mi pongo dei limiti, non escludo niente a priori e non mi accontento. Esploro sempre nuovi orizzonti e, non sentendomi mai arrivata, ho ancora molto da scoprire. Il mio Universo è, quindi, un continuo divenire per migliorarmi, ultimo scopo della vita.
Quali sono, se ci sono, i Suoi rituali di scrittura o quali Le piacerebbe adottare? Semplice. Non ne ho. Se si può chiamare "rituale", mi piace stare nel mio studio con la mia bella scrivania pulita e ordinata, in silenzio e solitudine. Non creo nel migliore dei modi in mezzo alla confusione e nel frastuono.
C'è mai stato un personaggio di cui ha scritto in cui si è riconosciuta o immedesimata maggiormente? Scrivo per il puro piacere di scrivere e non per raccontare di me, ovviamente se non è funzionale allo scopo dell'opera. "Diario di una vita consapevole" è la condivisione di ciò che penso e faccio, il mio nuovo libro "Vivere in piena consapevolezza a 360°" è la mia storia esperienziale di consapevolezza. Al di là di questo, il personaggio di Lucia nel mio primo romanzo "Pane a colazione", aveva molto di me ai tempi in cui l'ho scritto. Per il resto, espongo mie considerazioni che non necessariamente sono le mie convinzioni. Lo scopo dei miei scritti è mettersi in discussione, riflettere e agire per effettuare delle scelte consapevoli allineate ai propri valori.
Perché i viaggi sono importanti nella Sua vita e per il Suo lavoro di scrittura? Questa voglia di viaggiare di fantasia e di persona nasce da mia madre, donna di cuore, generosa, curiosa, con un alto senso dell'umorismo, dell'ironia e autoironia, pari solo alla sua grande levatura morale. Lei mi ha insegnato a interessarmi di ciò che avviene dentro e fuori di me, ad aprirmi a tutte le arti e culture, a non fossilizzarmi sulle mie posizioni, a meravigliarmi delle cose belle del mondo sempre con gli occhi di bambina. Ho sempre viaggiato tanto, sin da neonata, e da allora non ho mai smesso, proprio per la mia continua sete di conoscenza.
C'è un motivo per cui ha scelto di vivere in Italia e non all'estero? Ci sono località in giro per il mondo che mi hanno colpito sotto varie angolazioni, ma il mio cuore batte italiano e sono fiera di vivere nel paese, a mio avviso, più bello e completo sotto l'aspetto paesaggistico, artistico e architettonico del mondo. Amando la bellezza e la buona cucina non posso che amare l'Italia. Il mio modo di vedere le cose e ragionare, a volte, può sembrare molto "strano" alle persone con cui entro in contatto ogni giorno e non posso che fare la mia parte per cambiare ciò che offusca, rovina, deturpa il Belpaese. Trovo le difficoltà molto arricchenti e le sfide molto stimolanti e prendo spunti anche da queste per scrivere i miei articoli, per esempio.
Promuove sempre l'uso corretto della lingua italiana. Non Le piacciono le terminologie straniere? Il vocabolario della lingua italiana è già ricchissimo. Prendiamo a prestito parole francesi, latine, di derivazione greca, ma non c'è alcuna ragione di ricorrere alla lingua inglese a sostituzione di termini italiani che abbiamo già a disposizione con tutte le loro sfumature di significato. So che è di tendenza tradurre tutto in lingua inglese: professioni, modi di dire, parole di uso comune, ma se non è necessario; a che scopo utilizzarle? Sono una persona consapevole, perciò me lo chiedo.
É vero che risponde sempre a tutti coloro che Le scrivono? Sì, magari non nell'immediatezza, ma rispondo sempre per una questione di cortesia e di buona educazione. Anche a chi usa toni poco gentili o polemici rispondo sempre in maniera garbata. Mi ritaglio del tempo per ringraziare tutti quelli che hanno speso del loro prezioso tempo per scrivermi. Lo trovo doveroso nei loro confronti.

INTERVISTA A DOTT.SSA LYDIA

a cura di G. Dalle Molle

Chi è Lydia e come nasce la Sua passione per il mondo letterario, dell'arte e dello spettacolo?

Nasco artisticamente come scrittrice di poesie e brevi racconti di fantasia, successivamente come sceneggiatrice e regista. Fin da bambina ho mostrato una multipotenzialità, con una particolare inclinazione per gli studi umanistici e le arti. Perciò, ho seguito anche corsi di musica, web designer, montaggio digitale e teatro. Sono sempre stata guidata da una grande curiosità e la mia poliedricità mi ha spinta a esplorare diverse discipline.

Qual è la situazione attuale del mondo artistico italiano?

Un problema comune a tutti i lavoratori del mondo dello spettacolo, e non solo, è che l’Italia non investe abbastanza nella meritocrazia e nella possibilità di far emergere artisti talentuosi e sconosciuti. Fare cinema in Italia, come in qualsiasi altra professione di rilievo, è una sfida, soprattutto per le donne. Sui media, nel web, in televisione o al cinema, sembra che i posti di lavoro siano riservati a una ristretta élite, ed è per questo che la soddisfazione è ancora più grande quando si riceve un riconoscimento da un pubblico che apprezza il tuo lavoro. Si dovrebbe intraprendere qualsiasi carriera per passione e vocazione, non per le fluttuazioni del mercato del lavoro. Spesso si rischia di lavorare anche gratuitamente, specialmente all'inizio, facendo gavetta, arricchendo il curriculum, accumulando esperienza e imparando il più possibile con spirito di sacrificio, ma anche con coraggio e determinazione, nella speranza che questo porti a una futura stabilità lavorativa. Lo Stato, o chi per esso, dovrebbe fare di più per incentivare i giovani e supportare anche i professionisti più esperti che si trovano in una fase di "crisi" lavorativa.

Pensa che ci sia fiducia nel governo, nelle istituzioni, nello Stato e come dovrebbero agire?

La distanza tra cittadini e governanti è enorme. Dall'alto delle loro poltrone, molti politici sembrano preferire vivere in un mondo ideale, raccontando storie con finali felici per mantenere il loro posto alle prossime elezioni. Non si tratta di partiti o orientamenti politici, ma di mentalità. Non si può riporre fiducia in promesse non mantenute, verità nascoste e corruzione. Affrontare le questioni apertamente è rischioso e impopolare, ma se nessuno ha il coraggio di cambiare la situazione attuale, agevolando l'andazzo generale, le cose continueranno a peggiorare e i cittadini si allontaneranno sempre di più dalle urne elettorali.

Cosa intende per "andazzo generale"?

La sporcizia per le strade, il degrado urbano, la piccola delinquenza, il menefreghismo, le ingiustizie sociali e l'insofferenza sono, a mio avviso, tutti segnali di una scarsa fiducia e speranza per il futuro. C'è troppa indifferenza, troppe regole ignorate, troppo lassismo e buonismo. Non voglio entrare nei dettagli, altrimenti non finisco più, ma tutto può essere salvato e migliorato se si comprende che la collettività e il bene comune sono valori che nascono dall'azione di ogni singolo cittadino. È fondamentale ritrovare l'entusiasmo, le motivazioni, e serve quel coraggio che sembra un po' mancare.

Ha mai pensato di entrare in politica?

Sì, quando pensavo di essere un'invincibile combattente pronta a cambiare il mondo; non mi sono laureata in Scienze politiche internazionali per caso! Ho trascorso diversi anni lavorando nelle Istituzioni e in aziende legate al mondo politico, ma poi mi sono orientata verso altri interessi. Tuttora, però, seguo con attenzione la politica; mi affascina e mi appassiona, e anche se solo con il mio voto cerco di contribuire al programma di governo che considero più giusto e in linea con la mia visione di nazione.

Quale partito sarebbe conforme ai suoi giudizi etici e morali?

Il voto è segreto e, per quanto mi riguarda, deve rimanere tale. Ho le mie preferenze e le mie idee politiche che desidero tenere per me. Un personaggio pubblico ha la responsabilità delle proprie parole, azioni e comportamenti, decidendo cosa divulgare e cosa no. Ho sempre mantenuto un certo pudore e riservatezza riguardo alla mia vita intima e privata in ogni suo aspetto. Religione, politica e fede calcistica sono temi divisivi che preferisco non affrontare con persone che non conosco e non mi conoscono bene. È una scelta che faccio ogni giorno. Con i miei scritti, video e articoli, esce una parte di me, è inevitabile, ma non voglio che le mie opere vengano influenzate né dalle mie caratteristiche fisiche né dalle mie opinioni personali. Le mie creazioni devono avere una vita propria.

É per questo che non fa molte apparizioni pubbliche?

Da un po' di tempo ho la possibilità di creare anche senza dover essere fisicamente presente. Lavoro molto con la tecnologia e l'uso di strumenti informatici, e questo rappresenta un grande vantaggio, ovunque mi trovi. Ho già avuto la mia dose di popolarità e mi basta. Mi piace spostarmi, viaggiare, scoprire nuovi posti e conoscere nuove persone, senza necessariamente mettermi in mostra o cercare di farmi riconoscere. Non ho un ego smisurato né complessi da superare. Ho scelto di non diventare eccessivamente "famosa" per proteggere la mia intimità famigliare e il mio equilibrio. Non ho bisogno di apparire solo per il piacere di essere ammirata; non sento la necessità di mostrarmi in pubblico se non per motivi che considero validi. Sono io a decidere quando e se è opportuno farlo. Anche questa è una scelta che, sebbene non mi porti maggiore notorietà e quindi più guadagni, mi regala molta più serenità e tempo da dedicare ai miei affetti.

Come viene visto questo Suo atteggiamento? Nel mondo dello spettacolo si vive molto di mondanità.

Va bene la mondanità, va bene la vita ritirata, dipende da cosa si cerca e si desidera. Non ho bisogno di essere onnipresente, ed essendo molto selettiva scelgo ciò che è meglio per me in quel determinato periodo della mia vita. Sono una persona molto libera. È vero che chi non si vede, spesso, tende a essere dimenticato facilmente, ma a volte è anche bello uscire di scena per un po'.

Le donne sono sicure di sé stesse, sono emancipate, occupano posti di rilievo. Cosa hanno sacrificato, secondo Lei?

Ho scritto molti articoli su temi come la maternità, la vita di coppia e il lavoro femminile. Faccio fatica a riconoscermi nel prototipo della donna che la società e le stesse donne hanno creato oggi. Per sfuggire a un padre-padrone o a un marito tiranno, la donna si ritrova spesso chiusa in un ufficio o in una fabbrica, sotto la supervisione di un capo, per lo più maschio e maschilista, con uno stipendio e una futura pensione inferiori a quelli dei colleghi uomini. Onestamente, non considero questo un segno di emancipazione. Certo, l'aspetto economico e l'indipendenza hanno la loro importanza, ma se il prezzo da pagare è una vita dedicata esclusivamente al lavoro, un marito assente o in competizione con lei, un figlio cresciuto davanti a uno schermo e una serie di frustrazioni, non vedo un reale miglioramento. L'emancipazione dovrebbe mirare a ottenere un riconoscimento del ruolo femminile sia in famiglia che nella società, con parità di diritti, opportunità e libertà di scelta, senza confondere i ruoli che devono rimanere distinti tra uomo e donna. A mio avviso, le donne di oggi hanno sacrificato molto del loro lato più sensibile per diventare più dure e competitive, confondendo la forza del carattere con l'aggressività, la femminilità con la volgarità, la determinazione con la sopraffazione, senza contare la perdita di rispetto e considerazione da parte degli uomini.

Perché gli uomini temono le donne "forti"?

L'uomo, più che la tempra, teme il comportamento contraddittorio, aggressivo e arrogante della donna. Si è sempre sentito "forte" nel suo controllo su di lei, cla quale veniva educata a essere dolce, indifesa e accomodante. D'altra parte, la donna ha adottato atteggiamenti molto "maschili", un linguaggio scurrile e un comportamento disinibito, compresi l'abuso della sessualità del suo corpo, di sigarette, alcolici, ecc. in nome di una libertà malinterpretata, che destabilizza l'uomo e porta a una degenerazione della donna.

In che senso?

La donna ha sempre dovuto affrontare da sola le sue battaglie per un cambiamento, un obiettivo, una conquista, ma ora si aspetta che l'uomo la comprenda. Il problema è che nemmeno lei sa più perché debba lavorare e guadagnare meno del suo collega maschio, perché le vengano offerte meno opportunità, perché asilo nido, nonni e tate le abbiano sottratto il suo ruolo primario di madre educatrice, perché non trovi solidarietà nelle altre donne, rese più agguerrite di lei, perché non riceva comprensione da un compagno di vita depredato del suo ruolo, perché gli uomini la vedano come un'isterica o un oggetto sessuale e le donne come una sfigata, e perché debba sempre faticare tanto per non essere mai soddisfatta. Ovviamente ho generalizzato.

Una descrizione molto dura. Quale sarebbe allora la soluzione?

Un difetto delle donne è la tendenza a voler fare tutto e, magari, anche bene, senza rinunciare a nulla. Le donne desiderano essere mogli, amanti, madri e lavoratrici, ma anche indipendenti. Con il vanto di saper gestire il multitasking, si sono spesso penalizzate da sole. Dovrebbero avere l'umiltà di seguire ciò che sentono, senza dover giustificare ogni decisione. Spesso si sentono insoddisfatte di ciò che hanno, spinte dal desiderio di fare e dare di più, quando in realtà sarebbe più semplice e meno faticoso fare e dare di meno, ma con maggiore serenità e coerenza. A chi piace vedere una donna stressata che cerca di destreggiarsi tra mille impegni e si lamenta per questo? Se riuscisse a capire veramente ciò che desidera, piuttosto che ciò che gli altri dicono, vogliono e si aspettano da lei, ne trarrebbe beneficio.

Una risorsa potrebbe essere il telelavoro?

Assolutamente. Penso che sia la formula lavorativa adatta alle donne. In Italia ancora non è molto utilizzato, forse perché si fatica a pensare a un lavoro in casa diverso da quello casalingo, che tra l'altro, anch'esso è un lavoro a tutti gli effetti, solo senza paga.

Come mai si trovano queste resistenze?

Ho sentito molte donne esprimere la loro frustrazione per la noia di stare a casa, lamentandosi di non avere nulla di interessante da raccontare ai propri figli e di sentirsi in colpa se non guadagnano. È davvero assurdo. Il telelavoro, o qualsiasi forma di lavoro da casa, rappresenta una grande opportunità sia per le aziende che per i lavoratori, a patto che le mansioni e i ruoli lo permettano per entrambe le categorie. Per i datori di lavoro, significa risparmiare su attrezzature, mobili, affitti e bollette; per i lavoratori, è un notevole risparmio di tempo, costi di trasporto, rette per l'asilo e altro. Si evitano le attese ai semafori, le code, i colleghi fastidiosi, le frustrazioni e le tensioni. Si ha la libertà di decidere quando fare una pausa, senza orari rigidi e senza pressioni, si può organizzare il proprio lavoro in autonomia e si ha più tempo per sé e per la famiglia. C'è una grande differenza tra uscire di casa per obbligo professionale e farlo per piacere personale.

Non trova, comunque, una componente discriminante nei confronti delle donne?

Uomini e donne hanno gli stessi diritti, ma i loro ruoli sono diversi, il che significa che non possono svolgere le stesse attività nello stesso modo e con la stessa tempistica. Questa è la bellezza della diversità di genere. Tuttavia, rimangono le disparità nei trattamenti economici, come salari, pensioni e assicurazioni. Purtroppo, la discriminazione è ancora presente.

Le battaglie femministe, gli anni settanta, quali retaggi hanno lasciato le donne alle nuove generazioni?

Grandi traguardi sono stati raggiunti, non senza errori, ma ora è fondamentale trovare un equilibrio tra uomini e donne. La competizione tra i sessi, sia nel lavoro che nelle relazioni personali e famigliari, è controproducente. Ognuno ha il proprio ruolo, scopo e valore, che si completano a vicenda. È importante collaborare senza cercare di diventare delle brutte copie l'uno dell'altro. Se sono diventata la persona che sono e ho raggiunto i miei obiettivi, lo devo quasi esclusivamente a mia madre, una donna di grande cuore, saggezza e talento, che ha sempre saputo spiegarmi, ascoltarmi e sostenermi in ogni mio percorso, senza mai riempirmi di retoriche femministe.

Quali sono stati i Suoi percorsi?

Mi sono incamminata principalmente verso due direzioni, una più umanistica l'altra più artistica.

Non ho mai capito perché si debba intraprendere una strada a scapito dell'altra. Ho sempre evitato di fossilizzarmi in un ruolo o in una mansione, tenendomi aperte diverse porte. Ho accettato, spesso, lavori a me noiosi, in compenso ben retribuiti per dare vita ai miei progetti culturali e artistici, altrimenti non finanziati.

Ha citato Sua madre, che importanza ha nella Sua vita?

Ha un'importanza fondamentale. É sempre stata lei l'Artista, con la A" maiuscola, di casa. Una donna che legge, balla, suona, canta, scrive, racconta, disegna, dipinge e insegna con un entusiasmo e una forza contagiosi non non può avere che un'influenza e un'energia positiva. Io e lei intavoliamo conversazioni su qualsiasi argomento con la massima libertà di espressione e di ragionamento.

Quali ricordi ha della Sua infanzia?

I miei ricordi d'infanzia e di adolescenza sono legati al suo immancabile sorriso, alla sua forte personalità, alla sua presenza mai invadente. La sua vitalità e i suoi discorsi universali ci hanno sempre coinvolti tutti in famiglia. Sono cresciuta, grazie a lei, in un contesto internazionale, in un'ambiente intellettualmente dinamico, in un'atmosfera serena e gioiosa. Oltre a essere mia madre, è un riferimento, un esempio; è lei, infatti, la destinataria della mia fierezza, della mia gratitudine e della mia ammirazione.

É determinante, quindi, avere una famiglia solida?

Dipende cosa si intende per solidità famigliare. Non credo nell'unione famigliare forzata dalle convenzioni, dalle pressioni e dalle ipocrisie. Credo, invece, che la solidità sia frutto dell'intelligenza, della volontà e dell'impegno che ogni membro della famiglia è chiamato a investire nel proprio ruolo unico e insostituibile condito da una buona dose di affetto, di dialogo e di rispetto reciproco. Un figlio è felice se i genitori o chi per loro lo sono e viceversa, a prescindere dallo stato civile, dal legame di sangue, dal cognome che porta, ecc.

Di altri parenti cosa ricorda?

Da piccola, ricordo una moltitudine di persone intorno a me, soprattutto bambini con cui giocare, insieme a tanti regali, vacanze e feste in compagnia. Non conosco esattamente le qualifiche parentali, perché ho troppi familiari, lontani e spesso confusi con amici di famiglia, conoscenti, compagni di infanzia, di scuola, di corsi, di merenda, vicini e colleghi di studi e di lavoro. Con il passare del tempo, molti parenti e affini si sono andati sfocando, perdendo, dimenticando, sconoscendo. Quando si è così numerosi e sparpagliati nel mondo, si diventa, per lo più, degli estranei. Se non si ha voglia di andare oltre le proprie idee e la presunzione delle "etichette" che qualcuno, per comodità e ignoranza, affibbia agli altri, si compromette una spontanea condivisione affettiva e una sana frequentazione. Data la grande quantità di persone incontrate lungo il mio eterogeneo cammino, ho adottato una strategia semplice: chi non è parte attiva della mia vita attuale, dei miei pensieri, dei miei sentimenti, delle mie attività e dei miei progetti, per me non esiste.

Delle famiglie "allargate" cosa pensa?

Ognuno è libero di vivere nell'onestà del proprio sentire. I rapporti di sangue non sono sinonimo di armonia e benessere. Un matrimonio può sciogliersi per i più validi o futili motivi, non trovo nulla di male nel voler riformare una famiglia di diritto o di fatto. L'importante è farlo nella responsabilità e nella consapevolezza, come per ogni altra cosa, del resto. Non trovo nulla di sconveniente o di scandaloso e peccaminoso in un qualsiasi tipo di rapporto nato o costruito alla luce del sole con amore, pazienza e dedizione. La sincerità dei sentimenti non è mai condannabile. Vivere di pettegolezzo, di falsità, di pregiudizi, di tradimenti, di sotterfugi, di amarezza, di bugie, di trasgressioni, di invidia e di cattiveria è molto peggio.

Secondo Lei gli amici sono importanti?

A mio parere si dà troppa importanza agli amici e poca alla qualità dell'amicizia. Penso che il valore dell'amicizia vada di pari passo con l'avanzare dell'età e dell'esperienza. Gli amici si credono fondamentali fino all'adolescenza per poi essere declassati a sopperire alla mancanza di un amore e di autostima. L'amicizia va e viene. Può nascere, durare, rinnovarsi, finire, avere tante sfaccettature, ma non deve mai avere fini egoistici.

Teme la solitudine?

Sebbene non mi senta mai sola, non temo la solitudine, anzi. Ho un ottimo rapporto con me stessa e, di conseguenza, con le altre persone. Mi piace stare in mezzo alla gente, frequentare chi mi interessa e mi fa stare bene, ma anche sapere di potermi isolare dagli altri.

Gli animali quale posto occupano nel Suo cuore?

Sono nata e cresciuta con l'amore di animali domestici e selvatici. Non saprei vivere senza. Non capisco chi non li considera membri effettivi della famiglia. Tutto dipende dal rapporto che si instaura con loro. Danno tanto in cambio del minimo indispensabile. Non si può descrivere a parole, si deve solo viverlo.

Qual è il Suo rapporto con Dio?

La fede aiuta non solo a vivere meglio, ad affrontare le avversità, a superare gli ostacoli, a lenire la sofferenza, ma anche ad avere una relazione profonda con il proprio "Io", a raccogliersi negli intimi silenzi più eloquenti, a capire la natura di cui siamo parte integrante, le origini e nutrire la speranza. Che si creda in un Dio o in un altro, in qualsiasi modo lo si chiami o lo si invochi, se fatta con cuore la preghiera è l'unica forma di introversione che non ha controindicazioni.

Molti percepiscono i segnali naturali che creano disastri ambientali come apocalittici. Per Lei come si manifesta la fine del mondo?

Quando si finisce di gioire, di soffrire, di sentire, di indignarsi, di emozionarsi. Quando morirò sarà la fine del mio mondo. Se ci ricordassimo tutti più spesso che la nostra vita è solo un passaggio destinato alla morte, si vivrebbe meglio, sbagliando meno. Nel senso più globale del termine, i segnali della distruzione di questo pianeta possono essere il surriscaldamento globale, i terremoti, il risveglio dei vulcani, i maremoti, ma anche le carestie, le guerre, i genocidi, le epidemie. Una cosa certa è che non si può continuare a maltrattare il pianeta e a lamentarsi se non si hanno le risorse sufficienti per la sopravvivenza. La Terra è sempre più al colasso e se la popolazione continuerà a crescere a dismisura finiremo col farci la guerra per un bicchiere d'acqua.

Vivere su un altro pianeta sarebbe un'opzione?

Si parla di possibili altri pianeti da colonizzare, non solo da esplorare e studiare. Molti investimenti sono diretti verso ricerche spaziali che potrebbero, invece, essere utilizzati per il nostro meraviglioso pianeta. Quante vite si potrebbero salvare dalla fame e dalle malattie con tutti quei soldi spesi per le missioni spaziali? La presunzione e la stupidità umana non conoscono limiti. Non credo che l'essere umano possa distaccarsi dalla propria appartenenza alla Terra, quindi trovo ridicolo anche solo pensare di fuggire da un pianeta che si considera spacciato per vivere su un altro, per di più con l'ausilio di celle, respiratori, caschi, tute, protezioni o modifiche genetiche per vari adattamenti. Che vita sarebbe?

Quali comportamenti altrui non sopporta?

Sono una persona che ha grande rispetto di sé stessa e degli altri. Sopportare non è una parola che mi appartiene come rassegnarsi e accontentarsi. Nei limiti del possibile, cerco di evitare certi personaggi che adottano atteggiamenti che non mi piacciono. Il problema del loro comportamento semmai è loro, non mio.

Ha svolto vari lavori sia in ambito privato che pubblico sia da dipendente che da autonomo. Cosa l'ha spinta a cambiare così tanto?

Provengo da una famiglia benestante, ma ho sempre pensato fosse giusto non gravare eccessivamente sul bilancio familiare e provvedere da sola al mio sostentamento sin da giovane. I contratti a tempo determinato erano e sono la norma. Quando si è impegnati ad arricchire il proprio curriculum mentre si è ancora studenti, ogni esperienza conta. Il problema sorge quando non ci sono alternative ai contratti precari. Il mio impegno ha dato i suoi frutti. Scaduto un contratto, ne arrivava sempre un altro, così ho potuto lavorare in modo continuativo e studiare all'Università nello stesso tempo. Ci sono stati lavori interessanti, altri meno stimolanti, alcuni gratificanti ma mal retribuiti, e altri meno coinvolgenti ma meglio pagati. Consapevole che le donne sono più discriminate in termini di stipendio e previdenza pensionistica, ho sempre rifiutato offerte lavorative che comportassero sfruttamento e ricatto, rimanendo fedele alla mia indole e personalità. Lavorare per vivere è una cosa, vivere per essere schiacciati da un lavoro imposto da un mercato malsano è un'altra.

Quali sono ora i Suoi principali obiettivi?

Non saprei affermare cosa preferisca maggiormente. Cerco di fare in modo affinché ciascuna mia competenza abbia il suo giusto spazio e tempo. Ci sono periodi che mi sento più incline nello scrivere, altri nel girare video o attivarmi nel Web. All'occorrenza, faccio la project manager, l'autrice, la scrittrice, la filmmaker. Ho molti interessi e un'immaginazione molto fervida unita al senso pratico, quindi non mi preoccupo, qualcosa a cui dedicarmi lo trovo sempre.

Cinema, libri, Web, non ha paura che agendo su più fronti perda di vista la Sua reale vocazione?

Di vocazioni ne ho una, cento, mille, forse nessuna. Ogni tappa della mia vita ha portato le sue soddisfazioni e realizzazioni. Sono felice dei traguardi che ho raggiunto finora. Ho viaggiato, ho fatto volontariato, ho pubblicato libri, lavorato in televisione, cinema e teatro, ho diretto, insegnato, coordinato, gestito, organizzato e creato. Mi considero molto privilegiata per la vita felice che ho avuto da bambina, da ragazza e ora da donna. Sono sempre stata molto amata, seguita e apprezzata. Ho ottenuto tutto ciò che desideravo, seppure a caro prezzo. Nel mondo professionale non mi è stato regalato nulla e ho dovuto lottare per la mia autonomia, integrità, dignità e libertà. Sono una lavoratrice che, in un certo senso, è "scomoda", perché non assoggettabile, ricattabile e influenzabile. Penso con la mia testa, e questo è un problema per molti datori di lavoro. Fino a qualche anno fa, davo forse più importanza allo "status" sociale, alla realizzazione professionale e a una giusta remunerazione. Con il passare degli anni, ho imparato che gli affetti hanno preso il sopravvento e ora tutto ruota attorno alla famiglia. Ogni fase della vita ha le sue priorità.

Secondo Lei, l'aspetto fisico quanto incide nelle esperienze di vita in questa società?

L'aspetto fisico deriva da una serie di elementi: genetica, stato mentale e stile di vita che ciascuna persona sceglie di adottare. Ognuno ha il proprio canone di bellezza, non per forza in linea con gli standard imposti dalle tendenze del momento. Essere reputati belli è una grande responsabilità come essere potenti o carismatici. Tutto, comunque, è soggettivo, relativo e finalizzato a ciò che si vuole comunicare di sé e dal peso che se ne dà.

Ha paura di invecchiare?

Invecchiare è un processo naturale come nascere, crescere e morire, bisogna accettare i cambiamenti. Gli artisti hanno un enorme vantaggio rispetto agli altri: possono concedersi il lusso di non avere età o di non dichiararla, poiché l’arte è in sé eterna. Nel mio piccolo m’illudo di farne parte e di poter vivere il passaggio transitorio concessomi sulla Terra in salute fisica e mentale fino alla mia naturale scadenza, nella continua rivelazione dei colori, dei sapori e dei profumi che i meravigliosi luoghi e abitanti del pianeta sanno regalare, senza mancare mai dell’Amore di chi me lo manifesta quotidianamente e dell’affetto incondizionato dei miei piccoli e grandi amici animali.

Poiché «la vecchiaia inizia nel momento in cui cessa la capacità di apprendere», spero di essere così longeva da non fare in tempo a incontrarla.

Lei è molto decisa in tutto ciò che la riguarda, ha mai avuto dei rimpianti?

La vita è fatta di scelte e di decisioni, e sono sempre serena e soddisfatta delle mie, perché prese consapevolmente. Mi ascolto molto e seguo le mie ispirazioni, inclinazioni, propensioni senza costrizioni, nostalgie, rimpianti né ripensamenti.

É questa la Sua ricetta della felicità?

Ognuno trova la sua. Io ho la mia e me la tengo stretta.

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