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I CLONI DEL LAVORO FORZATO

  • Immagine del redattore: Riflessi di Una Mente
    Riflessi di Una Mente
  • 25 feb 2020
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 12 mar



Quando si era bambini, prima o poi, era d’obbligo sentirsi rivolgere la fatidica domanda: «Cosa vuoi fare da grande?»

Le risposte erano per lo più: «La veterinaria» e «L’astronauta».

Alla maggiore età, ci si trovava incerti tra proseguire gli studi o entrare nel mondo del lavoro, oppure, con ambizioni e certezze, si iniziava decisamente il percorso verso la professione desiderata.

Raggiunta l’età adulta il sogno si realizzava o, almeno, si provava a concretizzarlo con ogni mezzo. Ragioniere, medico, meccanico, insegnante, commerciante, imprenditore, le scelte erano molte e variegate.

In questi ultimi anni la situazione è cambiata, non solo per le aspirazioni in tenera età di diventare una “valletta” e un “influencer”, mosse, molto probabilmente, da una necessità impellente pecuniaria più che vocazionale, ma anche dalle poche alternative rimaste.

È cambiato il mondo del lavoro, sono cambiati i profili professionali, sono cambiati i lavoratori.

Si ricerca personale sempre più titolato, qualificato, specializzato, fortemente indirizzato a specifiche mansioni.

Il congelamento dei concorsi pubblici e l’esigua disponibilità di posti di lavoro dovuta alle crisi di mercato varie hanno indotto l’aspirante lavoratore a mettere da parte ambizioni e inclinazioni personali.

La necessità di un posto di lavoro retribuito anche poco e male è più forte della preoccupazione di non avere nemmeno quello.

Titoli, esperienze, talenti individuali soccombono di fronte all’omogeneità e all’uniformità dei profili ricercati.

Poco importa ciò che si sogna, ciò che si vorrebbe o ciò per cui si è studiato. La sola cosa fondamentale per l’attuale mercato del lavoro è l’assoluta e indiscutibile disponibilità, la flessibilità, la mobilità, la reperibilità.

I lavoratori schiavi, sfruttati, ricattabili sono pure contenti di essere usciti dalla condizione deplorevole e vergognosa di disoccupati o, peggio, di espatriati.

Anni di studi mirati, di sacrifici in termini di denaro e di tempo sono ricompensati dalla magra consolazione che, comunque, ciò che si è acquisito è un bagaglio culturale personale che nessuno, almeno quello, può togliere.

Vita privata? Da scordare.

Non c’è posto per scegliere se trascorrere il fine settimana tra amici o in famiglia, se uscire la sera o restare a casa, se programmare le ferie al mare o in montagna, se fare la spesa il tardo pomeriggio o il sabato mattina.

Coniugati o singoli, non fa differenza.

Le trasferte forzate vanno fatte, i trasferimenti attuati, gli straordinari eseguiti, i festivi lavorati.

Il lavoro malpagato, logorante, insoddisfacente, totalizzante è diventata una consuetudine per l'italiano medio.

La memoria storica di stenti, miseria e povertà spaventa e spinge ognuno ad accettare qualsiasi condizione precaria di vita degradante, pur di rifuggire dallo spettro di un repentino ritorno al passato.

Informatica e lingua inglese. Non si scappa. Ingegneri informatici e tecnici specializzati. Non c’è alternativa.

A cosa serve, a questo punto, scegliere un percorso di studi inerente alla propria personalità, predisposizione, aspirazione, se il futuro lavorativo si presenta senza prospettive?

Aziende che falliscono, imprenditori che si suicidano, impiegati licenziati, operai in cassa integrazione, inoccupati scoraggiati, disoccupati depressi.

Talento e merito sono destinati a scomparire per fare spazio ad abnegazione e rassegnazione.

La guerra tra poveri è in circolo, la rivolta degli ultimi è nell’aria, l’ingiustizia sociale è crescente.

Ogni epoca ha avuto i suoi conflitti di potere, rivoluzioni di classe e lotte civili.

La disperazione sa giocare brutti scherzi.



RIFLESSIONE


L’art. 1 della Costituzione Italiana recita: «L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro».

Lavorare può gratificare o pesare, può far star bene o essere fonte e causa di stress e frustrazione.

Esercitare la professione desiderata è diventata un lusso per pochi, poiché la stragrande maggioranza dei lavoratori esegue mansioni non in linea con le proprie aspettative, propensioni e vocazioni. Lo stipendio, molte volte, non è adeguato e le tutele sempre meno garantite. Quali prospettive?



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👉 Leggete la pagina del "Diario di una vita consapevole" riguardo a "La vita non è solo lavoro"


In genere, nelle offerte di lavoro, spesso, viene riportata la dicitura «è richiesta (o, preferibile) un'attitudine al multitasking», considerato un valore, perché permette di occuparsi di più attività contemporaneamente, rispondendo in maniera puntuale alle molteplici richieste lavorative e alle sollecitazioni della realtà quotidiana.

Come mai il multitasking è così lodato e ricercato e dato per scontato per le donne se aumenta la produzione dell'ormone dello stress e di adrenalina, contrasta la concentrazione, diminuisce la produttività e stimola eccessivamente il cervello causando annebbiamento o pensieri disturbati?

Davvero «Multitasking è bello»?


🎬 Guardate il video "Essere multitasking" per scoprire quanto il multitasking sia, invece, dannoso per la salute.


Non tutti possono lavorare comodamente da casa. Recarsi in ufficio tutti i giorni per otto ore al giorno e confrontarsi con le stesse persone e mansioni monotone e ripetitive può rivelarsi molto deprimente. Lavorare felici? Si può.


🎬 Guardate il video "Come lavorare felicemente" e adottate gli otto accorgimenti descritti.


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