IL RAZZISMO CHE NON È
- Riflessi di Una Mente
- 1 apr 2021
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 11 mar

Crescere in un paese diverso da quello in cui si è nati, con genitori di nazionalità diverse, studiando e lavorando a livello globale, era una rarità, necessità o privilegio per pochi. Oggi, a causa della migrazione interagire con diverse culture e religioni inizia nelle scuole, arricchendo nazioni come l'Italia, che storicamente ha visto molti emigrare in cerca di vite migliori. Un tempo terra di emigrazione, l'Italia ora affronta sfide, mentre diventa una meta per coloro che fuggono da guerre e crisi, suscitando appelli per solidarietà e integrazione.
Si fa leva sugli ideali e sul buon cuore per scongiurare ciò che già in molti paesi europei sta già succedendo. In molti di questi, infatti, per non discriminare lo straniero lo si è, spesso agevolato più degli stessi cittadini oriundi, provvedendo a offrirgli su un vassoio d’argento alloggio e lavoro, facilitando il ricongiungimento familiare, erogando ingenti somme di denaro, realizzando spazi dedicati e costruendo luoghi di culto, attivandosi prontamente per l’acquisizione della cittadinanza. L'ampio supporto agli immigrati, a volte a spese dei propri cittadini, porta a tensioni e disordini. Tutto è stato pensato in funzione dell’accoglienza e dell’ospitalità per poi venire ripagati in azioni di violenza e di sfregio. Chi è stato, generazione dopo generazione, troppo viziato e sempre abituato ad agevolazioni e a trattamenti di favore mal riesce a sopportare momenti di crisi e di privazioni. Uno Stato che osa chiedere dei sacrifici è ricompensato da impopolarità e malcontento che si traducono, spesso, a torto o a ragione, in rivolte.
L’allargamento della Comunità Europea, l’abbattimento delle frontiere, le stipule di alleanze e intese, gli accordi con i paesi extracomunitari hanno facilitato scambi e alleanze, ma la globalizzazione ha anche portato conseguenze negative come terrorismo e crimine, alimentando paure verso gli stranieri. Le allarmistiche e i disordini legati agli immigrati hanno creato un clima di diffidenza e intolleranza. Per accuse di razzismo, molte politiche hanno esagerato nel favoritismo verso gli stranieri, peccando di illusione e ingenuità.
La percezione di trattamento preferenziale per gli immigrati nelle graduatorie di alloggi e aiuti aumenta il rifiuto da parte dei cittadini autoctoni.
A dispetto e a danno della maggioranza degli onesti, dei volonterosi, dei rispettosi della legge, degli integrati, circolano, purtroppo, tanti individui che trovano ogni finto pretesto per gridare al razzismo. Questo porta a un clima in cui chi non aiuta gli immigrati disonesti viene accusato di razzismo.
Spesso, coloro che lamentano ingiustizie sono anche i primi a manifestare atteggiamenti razzisti, alimentando divisioni e pregiudizi. I primi, forse, a praticarlo sono proprio alcuni di coloro che prendono d’assalto i paesi, rischiando anche la vita, speranzosi di una vita facile e armati di falsi pregiudizi, di insensate rivendicazioni, di assurde pretese.
Nel mondo c'è spazio per tutti, a patto di rispettare le leggi e i costumi del paese ospitante. Idealmente sarebbe magnifico pensare di essere tutti fratelli e sorelle, di poter andare d’amore e d’accordo a prescindere, di convivere pacificamente rispettando le proprie differenze, di aiutarsi vicendevolmente come in una famiglia esemplare. Tuttavia, la realtà è diversa: non è possibile aiutare tutti per vari motivi. Nonostante tutti i buoni propositi, la grande volontà e la forte determinazione, non è fattibile aiutare sempre e tutti indistintamente. L’ingenuità, la bontà e la generosità non devono essere sfruttate da chi non apprezza la civiltà.
D’altra parte, fare del bene non significa semplicemente donare soldi o alimentare false speranze. La questione è ben più complessa.
Essere d'aiuto all'immigrato significa evitarne la segregazione in centri poco affidabili e non lasciarlo girovagare a chiedere insistentemente ai passanti l'elemosina. Sarebbe ideale insegnargli, invece, la lingua, fargli conoscere storia e tradizioni locali, dargli realmente la possibilità di inserirsi in un percorso formativo e lavorativo, non concedendogli occasione e opportunità di delinquere per sopravvivere, creare un dialogo reciproco, spiegargli i suoi diritti, ma anche i suoi doveri, punendo severamente ogni infrazione, fornirgli validi supporti sia che voglia restare sia che voglia ripartire, contribuire al sostegno e alla crescita del paese d’origine evitando, così, l’alternativa forzata dell’espatrio.
Forse, è pretendere un po’ troppo da un paese come l’Italia che non ha nel proprio DNA un forte senso civico e organizzativo, ma sarebbe utile fare uno sforzo. L'insofferenza cresce con il buonismo, la rabbia con la delusione e l'ingiustizia con la disuguaglianza sociale ed economica. Sarebbe necessario adottare politiche diverse e ridurre l'ipocrisia prima che la frustrazione collettiva sfoci in inevitabili e irreversibili estremismi.
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