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  • Riflessi di Una Mente

LA CONSAPEVOLEZZA DI ESSERE PADRE



Quando si pensa alla genitorialità, nell’immaginario collettivo scatta meccanicamente la rappresentazione di una madre con il bambino in braccio, dualità rafforzata dalle raffigurazioni sacre della Vergine Maria con il Gesù bambino.


L’uomo, invece, sembra essere più consono al ruolo di compagno della donna, di lavoratore, di responsabile del sostentamento economico, di guida, di esempio, di protezione, di garante della disciplina e delle regole, di rappresentante del sistema societario.


Questa inclinazione ha radici antiche, culturali e sociologiche. La figura paterna era, fino a qualche decennio fa, severa, autoritaria, rigida. La scarsa propensione alla comunicazione affettiva, emotiva e sentimentale, la poca dimestichezza con pannolini puzzolenti, bavaglini bavosi e vomitini da rigurgito, la minima tolleranza ai pianti fragorosi, la ridotta pazienza nell’accudimento, hanno, da sempre, messo il padre una posizione di contorno, distaccata dal solido binomio madre-figlio.


Da qualche tempo a questa parte, sulla scia del cambiamento culturale, fa capolino un nuovo modello di padre, partecipe, coinvolto, informato. La volontà di fare, di esserci, di essere utile e di sentirsi parte integrante del nucleo familiare si esprime con la sua sempre più massiccia presenza alle visite ambulatoriali, ai corsi di preparazione, all’assistenza in sala parto, al sostegno morale della partoriente. Una più equa ridistribuzione delle mansioni casalinghe, per agevolare le donne lavoratrici, ha portato, poi, ad una sua collaborazione attiva anche nella cura e nell’educazione della prole.


Conseguenza di questo fenomeno è che la legge sta offrendo più diritti alla paternità, forte del reclamo di una forte tutela e di un maggiore spazio conquistato nell’ambito familiare. Attraverso il suo passato ruolo di difensore della famiglia, di cacciatore e di guerriero, il padre deve, ora, rappresentare un riferimento per il figlio seppure con modalità diverse e dissociate da quelle proprie e insostituibili della madre.


I nuovi padri educatori, biologici o acquisiti che siano, hanno la nomea di essere più tolleranti e permissivi, emotivamente più fragili e insicuri, ma con reali capacità relazionali, funzionali e di responsabilità, liberando le consorti da un grosso carico fisico e morale. Tenendo conto che il bambino ha diritto ad entrambe le figure genitoriali, per uno sviluppo armonioso ed equilibrato, la cooperazione è indubbiamente necessaria, a patto che la spartizione dei compiti e la consapevolezza del mantenimento dei ruoli siano ben chiari e distinti e non interamente intercambiabili.


Un buon padre ha imparato che, per essere tale, non deve mai porsi come antagonista, amico o, peggio, complice del proprio figlio bensì come genitore affidabile e autorevole, dispensando spiegazioni e consigli e stabilendo, di volta in volta, regole e limiti.

A fronte dei tanti padri virtuosi, premurosi, presenti, attenti e amorevoli esiste, purtroppo, un’altrettanta folta schiera di padri non così lodevoli.


Diventare padre non è tassativo, evitarlo, per chi non si sente portato a questo ruolo, dovrebbe, invece, esserlo. Un uomo sincero e onesto con sé stesso e con la propria compagna eviterebbe di mettere al mondo, con fin troppa leggerezza e irresponsabilità, dei figli indesiderati, malvoluti, destinati ad un’esistenza non facile. Meglio un mancato padre o un cattivo padre? La discussione è aperta.


Sono ancora troppi gli uomini sconsiderati che rifuggono la paternità per prestigio, orgoglio, paura, immaturità, inconsapevolezza, incapacità d’amare, lasciando le proprie compagne incinte, sole e deluse. Sono numerosi, inoltre, i padri assenti, distratti, incuranti, indifferenti o gelosi, violenti, viziosi, per non parlare di quelli maldestri, inadeguati, inadatti, tutti ugualmente colpevoli di aver assecondato il loro testosterone senza tenere conto, poi, delle evitabili conseguenze. Al contrario, certi padri usano i figli come trofei da esibire, da viziare alla nausea, estensioni del proprio smisurato ego, esempi di capacità virile, poteri da esercitare e, fin troppo spesso, come strumento e pretesto delle proprie vendette e rappresaglie nei confronti delle mogli o "ex" influenzandoli, maltrattandoli psicologicamente e fisicamente, violentandoli, rapendoli, uccidendoli. Per concludere il quadro, una volta defunti, i padri dissipatori lasciano in eredità ai propri figli un brutto esempio da dimenticare e i debiti della loro vita dissoluta. Sebbene la voglia sia tanta, non è così semplice e sempre attuabile dare la possibilità al figlio legittimo maggiorenne di disconoscere il proprio genitore scellerato, nemmeno rinnegarlo. Eppure, cosa strana, nonostante il risentimento, la rabbia, l’ingiustizia, non è raro che un figlio nutra, comunque, compassione per quell’infame che gli ha rovinato la vita.


Fare il padre è un compito gravoso che richiede molto spirito di sacrificio, sforzi di comprensione, volontà di migliorarsi e forza del sentimento. Accanto ad un dovuto riconoscimento sociale e legale si pretende maggiore consapevolezza e impegno. I figli non sono una proprietà, un possesso, un riscatto bensì persone con proprie individualità e potenzialità, risultati, si spera, oltre che di una buona educazione, di tanto e disinteressato affetto.



RIFLESSIONI


Papà è chi ti ama, ti educa e ti cresce, non chi ti mette al mondo.

La paternità deve essere una scelta consapevole, non solo nei confronti del nascituro ma anche della propria compagna, futura madre.

In troppe culture procreare è un passo obbligato, una trasmissione nel tempo di geni, sangue, nome e tradizioni che poco o nulla hanno a che vedere con l’amore, il rispetto e la tutela del bambino.


Che rapporto hai con tuo padre? Chi ti ha cresciuto, il tuo genitore biologico o un papà acquisito? Ti sei mai chiesto, nel caso volessi provare l’esperienza della paternità, che padre vorresti essere?


👉 Leggi la pagina del Diario di una vita consapevole riguardo alla "Festa del papà"



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