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  • Riflessi di Una Mente

MADRE A TUTTE LE ETÀ



Si dibatte molto, ultimamente, sulla maternità oltre i limiti naturali. I tempi cambiano, ma i dubbi sul “tempo massimo” entro cui fare figli sono più che legittimi. Se l’età fertile per una donna ha un picco tra i venti e i trent’anni è perché Madre Natura ha stabilito così. Le argomentazioni contro o a favore della gravidanza tardiva si sprecano come le motivazioni soggettive di determinate scelte.


Il protrarsi degli studi, la prospettiva di un’attività lavorativa fuori da casa, l’indipendenza economica e l’innalzamento dell’aspettativa di vita hanno fatto sì che le gravidanze spontanee nei tempi biologici non corrispondessero più al momento “giusto”. Si ricorre, quindi, alla medicina e alle tecniche di fecondazione assistita, artificiale, programmata e via dicendo, creando non pochi problemi, specialmente etici e morali. Salute di madre e nascituro, qualità della vita, vigore fisico e mentale, condizionamenti sociali, sono solo alcuni aspetti.

Avere e crescere un figlio non è mai una passeggiata, a prescindere dall’età. È molto impegnativo e richiede una buona miscela di grinta e d’incoscienza. Se un’aspirante mamma pensasse al dispendio fisico, economico e morale necessario per far fronte a baby-sitter, asilo nido, pannolini, vestiti, pappette, accessori vari, maggiori consumi di acqua ed elettricità, senza trascurare gli orari tassativi del bebè e le levatacce per nutrirlo, cambiarlo, cullarlo, curarlo, rassicurarlo, gli appuntamenti dal pediatra, tutte le malattie infettive da passare in rassegna, il continuo monitoraggio, l’infinita pazienza ad ascoltarlo, la dedizione per educarlo, l’enorme disponibilità per seguirlo e il poco tempo a disposizione per sé stessa, la vita lavorativa, privata e sociale, la voglia di procreare svanirebbe in un batter di ciglia.

Ma si sa, qualche rinuncia bisogna metterla in conto in cambio delle soddisfazioni che un figlio potrebbe dare, nonostante tutto.

Il fatto è che la maternità a venti-trenta anni è diversa da quella a quaranta-cinquanta. Calo di riflessi, energie discontinue, abitudini sconvolte, spirito di adattamento ridotto, maggior affaticamento, piccoli acciacchi, … Certo, oggigiorno la vita si è allungata, la maggior parte delle malattie non uccidono più, di figli se ne possono avere in età avanzata senza che siano, per forza, diversamente abili, si può scegliere un compagno più giovane senza problemi, ma… Non è la giovinezza che si allunga bensì la vecchiaia, di certe malattie non si muore più ma alcune debilitano fortemente, figli sani e belli nati dopo i cinquant’anni sono cosa fattibile ma la differenza di età si fa sentire pesantemente con il passare degli anni, scegliere un uomo più giovane è prassi assai normale ma vista la facilità con la quale le coppie, di qualsiasi differenza anagrafica, si disgregano bisognerebbe essere più prudenti.


Quando nasce una nuova coppia, infatti, si pensa subito, o quasi, ad avere un figlio, come se fosse un passaggio obbligato, un adempimento indispensabile, un salvacondotto per la felicità, una garanzia permanente per la stabilità del rapporto. La vita, invece, riserva sempre delle sorprese. Purtroppo, la nascita di un seppure tanto desiderato erede non è un’assicurazione contro la separazione, il disaccordo, il disinnamoramento, la sofferenza, il tradimento. Spesso il bambino irrompe nella vita a due come “terzo incomodo” e la vita sentimentale e quella intima ne risentono fortemente. Le attenzioni verso il nuovo arrivato, la totale dipendenza dalla madre nel periodo dell’allattamento, l’ansia, il nervosismo, l’impreparazione, le divergenze su come crescerlo e l’intrusione di parenti e amici, possono mettere a dura prova la solidità del legame di coppia e determinarne la rottura.

Poi, c’è un’altra questione non da poco.

Una cinquantenne che ovula e mestrua con la precisione di un orologio svizzero, con piena attività ormonale, fisica e sessuale che rimane incinta dovrebbe considerarsi sfortunata e con la natura avversa? Essere madre a 50 anni e oltre è sempre accaduto. I cosiddetti “figli della menopausa” erano figli, desiderati o no, non nipoti. Sebbene la possibilità di procreare era quasi nulla, era, comunque, normale, naturale. Vivere di pancioni tutta la vita era faticoso e difficile, anche se bello, e portare l’ennesimo figlio in grembo non era auspicabile ma si trattava, tuttavia, di gravidanze spontanee, non di gravidanze progettate, pianificate, ostentate e sbandierate a rivalsa di una riavuta capacità e presunta completezza di un vuoto interiore.

In Italia, c’è una forte discriminazione tra i sessi. Padri in età da nonno non fanno più notizia. Non si può dire lo stesso di donne mature che decidono di mettere su famiglia. La spiegazione crudele e ingiusta non può essere che ovvia. Per un bambino, che si voglia ammettere oppure no, la figura materna è di gran lunga più discussa di quella paterna. Non che il padre non sia rilevante per un bambino, ma essere madre è per la vita. Il legame che s’instaura sin dal concepimento, anche se a volte conflittuale, dura per sempre, a differenza del rapporto paterno che si costruisce in un secondo momento. Ecco perché fa così paura e scalpore una madre in là con gli anni che renderà orfano prematuramente il proprio figlio, nella maggioranza dei casi, unico. Inoltre, gli psicologi affermano che i ragazzi di genitori non più giovanissimi sono introversi, si relazionano con difficoltà con i coetanei, sono tristi. Mamme e papà con i capelli bianchi e la camminata stanca vengono scambiati per i nonni, perciò si sentono in colpa nei confronti dei loro figli, inadeguati con gli altri genitori, fuori luogo con gli insegnanti.

Con tutto il rispetto per la categoria non infallibile degli studiosi della psiche, di figli “disturbati” per diversi motivi ce ne sono anche e soprattutto di mamme giovani, a volte sole, a volte vittime di violenza domestica o semplicemente immature, sprovvedute, incapaci, insofferenti, più dedite al proprio aspetto e alle attività fuori di casa che alle esigenze del proprio figlio. La facilità con cui una donna vuole mettere al mondo un bambino per poi non occuparsene in termini educativi è impressionante.

Certi bimbi, oggi, sono “brutti” per tutt’altre ragioni che esulano dall’età biologica. Ci sono genitrici canute che sono attente, presenti e per niente imbarazzate nella vita dei loro figli felici, spensierati e sereni, viceversa madri “fresche” irresponsabili, assenti, piene di desideri e frustrazioni con bambini incompresi, nervosi, stressati e pieni di problemi comportamentali.

L’idea romantica dell’aspirante madre nell’avere un bel bambolotto da vestire ed esibire si scontra ben presto con le incombenze, i doveri e le responsabilità che una maternità comporta. Non tutte le donne sono fatte per essere madri e qualcuna non lo diventerà mai per volontà o per casualità. La discriminazione contro le donne non-madri è condannabile né più né meno dell’accanimento, dell’ossessione, dell’ideologia coatta di procreazione. La falsa illusione di avere il dominio, il controllo e la padronanza sui tempi e sulle modalità per partorire è innaturale e deleteria. Le donne vogliono e pretendono troppo da loro stesse e se non ottengono ciò che si sono ostinatamente o condizionatamente imposte non sanno farsene una ragione. I buoni propositi delle lotte per i diritti, le libertà acquisite, le conquiste civili, le hanno portate a vivere le privazioni come sconfitte e fallimenti personali. La rassegnazione al destino o alla sorte si traduce in insoddisfazione e depressione. Non si è più disposte ad accontentarsi, a guardare oltre la propria presunzione. Si è perso il vero significato del sacrificio, il senso della rinuncia, il valore della libera scelta.


Essere madre non è un fugace istinto, una moda del momento, una sgargiante passerella, una forzatura sociale, è una vocazione che non tutte hanno.

Se alcune donne hanno dei figli da giovane, da adulta o da più matura, è una questione di opportunità e di casi della vita. I figli arrivano se devono arrivare.

Per tutte le donne, indistintamente, prioritario sarebbe anteporre sempre il benessere psico-fisico del nascituro al proprio egoistico “bisogno” di maternità a tutti i costi e a tutte le età.



RIFLESSIONI

Non si è tutte madri ma certamente si è tutte figlie. Essere e fare la madre è un mestiere, un compito, una missione, un impegno che richiede tanta pazienza, dedizione, attenzione, cura, tempo e amore. Sono sempre molte le persone pronte ad esternare le proprie opinioni su come sei e su come fai la mamma o come devi rapportarti con tua madre.

Tu, madre, cosa non vorresti mai sentirti dire?

C’è una frase, un consiglio, un giudizio che ti hanno spesso rivolto o che tu hai rivolto ad un’altra madre o alla tua?


🎬 Guarda il video "Cosa non dire ad una madre"


🎬 Per aumentare il tuo grado di consapevolezza nei riguardi della maternità, leggi la pagina del Diario di una vita consapevole "La libertà di non volere figli"


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