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3 buoni motivi per “scomodare” la grande Coco Chanel

Riflessi di Lydia

Chi non ha mai sentito parlare di Gabrielle Bonheur Chanel, la celebre e iconica stilista francese, più conosciuta come Coco Chanel? La stessa che fondò la casa di moda, Chanel, per l’appunto.
Perché scrivere di lei, qui e ora?
Il motivo, per me, è triplice.


1)     Il Museo di arti applicate Victoria&Albert a Londra ha deciso di dedicare una mostra temporanea "Gabrielle Chanel. Fashion Manifesto" che si inaugurerà il 16 Settembre 2023 fino al 25 febbraio 2024 con duecento modelli proprio di Coco Chanel.

2)     Chi più di lei potrebbe non essere ricordata (oltre alla creazione dei suoi capi di abbigliamento ed accessori) per il famigerato profumo Chanel N.5?

3)     Come non riconoscersi in lei, donna rivoluzionaria e consapevole del proprio talento e tempo storico, scollegata dalle tendenze e dalle mode del momento?



Uno.

Ha grande eco l’ennesima mostra di Coco, la prima a Londra, e sono tante le consulenti di immagine a fare a gara per accompagnare le proprie “seguaci” nella guida e storia di questa donna superlativa, con inviti che, personalmente, io declino.


Mi basta, infatti, conservare l’enorme impatto che ebbe su di me la prima grande retrospettiva parigina dedicata a “Gabrielle Chanel. Manifeste de Mode" – nel periodo 2020-2021 al Musée Galliera, Musée de la Mode de la Ville de Paris, museo dedicato alla moda.

Intitolate Galeries Gabrielle Chanel, le nuove sale, dopo la ristrutturazione, sono improntate all'esposizione permanente, che si rinnova periodicamente.

In una vastissima area di circa 1500 metri quadrati, ho potuto seguire l’evoluzione dello stile chic di Chanel e i suoi codici di abbigliamento, ammirare più di trecentocinquanta abiti, oggetti, immagini, ritratti fotografici, documenti e reperti d’archivio provenienti da collezioni private, internazionali e dello stesso museo, dal Patrimoine de Chanel.

 

Affermo tranquillamente che, amando abbinare il bianco al nero, pur contravvenendo alla scuola di pensiero di una delle tanti consulenti d’immagine di non indossare abiti neri perché simboleggiano la “subordinazione”, ho fatto mio ciò che sosteneva Coco Chanel riguardo al suo primo abito nero ornato da un semplice colletto bianco: “… il nero conteneva tutto. Anche il bianco. Sono d'una bellezza assoluta. È l'accordo perfetto”.

Nel 1926 debuttò il mitico tubino nero, la petite robe noire, immancabile in ogni armadio che si rispetti.


La società impone i suoi canoni e prototipi di bellezza nel corso dei mesi, degli anni, dei decenni che quasi mai si sposano con la fisicità di chi li segue e li insegue.

Ma è davvero necessario sacrificare la bellezza naturale in nome della tendenza o moda che impera al momento per essere apprezzati e accettati? Ad ognuno il proprio gusto e stile con la consapevolezza di essere in linea con il proprio sentire. Coco Chanel insegna.


Due.

Ho avuto anche l’opportunità di recarmi in Provenza, luogo in cui nascono i profumi più importanti a livello mondiale. Precisamente a Grasse, culla della profumeria francese, capitale mondiale del profumo, famosa cittadina dei fiori e dei profumi nel Sud della Francia, tra Cannes e la Côte d'Azur (si trova anche il Museo Internazionale della profumeria), ho realizzato la mia fragranza personalizzata, nello stesso posto dal quale provenivano gli ottanta ingredienti, tra cui il gelsolmino di Grasse, per la creazione del profumo che la stilista francese commissionò nel 1921 a Ernest Beaux. Una miscela rivoluzionaria volta a ridefinire l'idea di femminilità, ben lontano dallo stucchevole romanticismo dell'epoca “Non voglio nessun olezzo di rose o mughetto, voglio un profumo elaborato”.

Risulta ben noto, infatti che il profumo, alla stessa stregua di un abito, racconta la personalità di chi lo indossa. "Una donna profumata male non ha futuro", la citazione del poeta, scrittore e filosofo Paul Valery diventa famosa sulle labbra di Coco Chanel.

Per dare vita all'idea di aroma incarnata in Coco, le fu presentato, in Rue Cambon 31, un ventaglio di possibilità, dieci campioni numerati dal n. 1 al 5 e dal 20 al 24.

Lei scelse la quinta boccetta, le numéro cinq (come il suo numero fortunato), da cui il nome, appunto, Chanel n. 5, “una fragranza femminile, con il profumo di donna” come disse Coco.

«Je lance ma collection le 5 mai, cinquième mois de l'année, laissons lui le numéro qu'il porte et ce numéro 5 lui portera chance» (trad.: Lancio la mia collezione il 5 maggio, quinto mese dell’anno, lasciamogli il numero che porta e questo numero gli porterà fortuna).


Chanel N°5 è stato, sin dalla sua nascita, uno dei più celebri della storia, nonché il più venduto di sempre, un grande successo in termini di vendita e di comunicazione. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, infatti, i soldati americani di ritorno in patria si portarono dietro la fragranza sia come souvenir da Parigi ma anche come simbolo di libertà.

Il profumo comunica, dunque, la persona che siamo o che vorremmo diventare.


Tre.

Infine, nonostante la sua infanzia infelice, la sua adolescenza triste, sola, orfana, povera, riesce con grande determinazione e caparbietà, non solo ad emergere, ma anche ad imporre un nuovo modello femminile esportato in tutto il mondo.

Carisma, eccentricità e un irresistibile fascino uniti a resilienza, sagacia, spirito imprenditoriale, rendono questa donna, ancora così attuale, un esempio da seguire per tantissime donne.


Ci dimostra che le regole possono essere cambiate, che non bisogna avere paura del giudizio altrui, che non vi è nulla di immutabile, che la bravura e il talento vanno al di là della condizione sociale, che per affermarsi occorre avere il coraggio delle proprie idee e azioni, che non esiste età anagrafica per mettersi in gioco, che per avere successo (qualsiasi modo lo si intenda) bisogna crederci.

Coerentemente con noi stesse, non per forza uniformandosi ai dettami di massa e senza essere la brutta copia di nessuno, in fondo, in qualsiasi ambito si operi abbiamo tutte un po’ di Coco Chanel in noi o, almeno, lo auspichiamo.


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