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Felicità fa rima con serenità (anche nel web)

Riflessi di Lydia

Nella vita di tutti i giorni, reale e virtuale, siamo sempre più in ostaggio di sentimenti malevoli nei confronti di chi riteniamo "migliori" di noi oppure no?

Non sono rare le occasioni, nella vita di tutti i giorni, scorrendo i post (=messaggi testuali su internet) e commenti sui social network (=rete sociale virtuale), in cui le persone di ogni età, professione e provenienza manifestano, più o meno velatamente, la propria invidia e cattiveria, di conseguenza, il proprio malessere psico-fisico.


Mi chiedo, nella società occidentale, cosiddetta del benessere, in cui le possibilità di istruzione, lavoro, salute, tecnologia, sono alla portata di tutti, rispetto anche solo al secolo scorso, perché siamo diventati più idioti, stressati, aggressivi, depressi e insoddisfatti?


Mi sono data una risposta alla luce di quanto osservo, tenendo presente, ovviamente, le circostanze oggettive (tra pandemie, crisi economiche, guerre, rischio nucleare, caro bollette e previsioni catastrofiche in ambito finanziario c'è ben poco da stare allegri).


Secondo il mio punto di vista, una delle probabili cause di questa comparazione, gelosia, frustrazione è perché ci siamo resi più "schiavi" di ciò che vorremmo avere ed essere, non per noi stessi, ma per apparire "belli" agli occhi degli altri, prigionieri della nostra zona di comfort (trad.: comodità) e dell'idea di significato che attribuiamo al successo.


Proiettati sempre al futuro, infatti, siamo presi nel vortice frenetico di informazioni, tendenze, mode, direzioni che ci spingono a volere e ad ottenere sempre di più, ammaliati da chi, a differenza di noi, "ce l'ha fatta" perché più sfacciato/a, intraprendente, bello/a, ricco/a, giovane, seguito/a, realizzato/a, in una parola: MIGLIORE.



Dedichiamo il nostro tempo a vivere attraverso uno schermo, spiando la vita degli altri, confrontandola perennemente con la nostra che diamo per stancante, misera, invisibile, inutile, non all'altezza dei nostri sogni, delle nostre aspettative, delle nostre potenziali capacità, considerando di non essere e di non ottenere MAI ABBASTANZA per ritenerci soddisfatti.


Le nostre energie sono impiegate in una battaglia che sembra persa in partenza: quella contro la bassa autostima, i pensieri sfavorevoli, i boicottaggi indotti, le emozioni deprimenti, i sentimenti di rivalità, di malevolenza, la demotivazione galloppante, i giudizi istintivi e impulsivi che non riusciamo a trattenere.


Ci viene propinato che noi abbiamo il controllo della nostra vita, che noi dobbiamo scegliere chi diventare, decidere cosa vogliamo fare, esprimere sempre ciò che sentiamo, ma non sappiamo più pensare in autonomia e fare da soli, viviamo nella falsità e nell'emulazione, perciò ci affidiamo ai guru (=maestri spirituali) dell'imprenditoria digitale, della comunicazione orientata al marketing (=azioni aziendali destinate al piazzamento di prodotti o servizi), sola via per distinguersi, per arrivare all'agognato successo, oggi.


In realtà, tutto ciò non è sempre realizzabile, in quanto la nostra cultura vuole farci credere che se non siamo famosi e famose nel nostro ambito, se non siamo on-line ventiquatro ore al giorno, se siamo fuori da certi schemi prestabiliti, se intendiamo rivoluzionare lo status quo (=mantenimento di uno stato di equilibrio, più o meno stabile), se riflettiamo con la nostra testa, se argomentiamo un pensiero diverso da quello di massa, siamo persone disadattate socialmente, emarginate, incomprese, perciò criticate, bersagliate, derise, liquidate come sfigate.


Come evitare, quindi, di sentirsi frustrati, spossati, amareggiati e scontenti di sé e della propria esistenza, anche on-line (=a disposizione tramite Internet)?


Dovremmo lasciarsi trasportare dalla corrente come una barca senza remi? Dire di sì anche se si pensa di no? Compiacere gli altri annientando la propria personalità? Copiare un modus vivendi (=modo di vivere) per essere accettati? Fare parte di un gruppo più in voga del momento per sentirsi più importanti? Seguire gli altri perché tanto "Tutti fanno così"?


Questa è la via sicura per l'insoddisfazione.


In perenne ricerca della misteriosa e irraggiungibile "felicità" non ci accorgiamo che non si tratta che di attimi che non sappiamo più cogliere (condizione che esula dalla fama sui profili pubblici, dai seguaci, dalle visualizzazioni), che felicità non fa rima con soldi bensì con serenità e che quest'ultima si acquisisce solo con la personale consapevolezza (che fa rima con bellezza) di cosa si vuole veramente per la propria vita, di cosa riteniamo essere più importante, di quale reale valore attribuire a sé stessi e al proprio operato on-line.


Prendere coscienza dei meccanismi mentali che ci tengono in ostaggio (dirigendoci ostinatamente nel perseguimento di obiettivi non nostri, di chimere impossibili per le nostre reali potenzialità e nell'omologazione più totale per essere "qualcuno" e/o "contare" qualcosa), ci aiuta a fermarci per ascoltarci nel profondo, recuperare il nostro coraggio assopito, riappropriarci del "libero arbitrio", assumerci quella responsabilità faticosa e impopolare, la quale, però, è l'unica maniera per debellarci dall'eterna sensazione tediosa di veder sprecare la propria vita, o, peggio, di votarsi ad un'esistenza che non ci appartiene.


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