
Riflessi di Lydia
Qual è il nesso tra manipolazione e salute mentale? Negli ultimi anni, il mondo dei social media ha assistito a un’esplosione di innovazioni tecnologiche, tutte orientate a un obiettivo preciso: aumentare il tempo di permanenza degli utenti sulle piattaforme.
Mi capita di vedere giovanissimi e adulti incollati a uno schermo con il dito indice o pollice che scrolla, scrolla e scrolla (= scorrere le pagine su e giù sullo schermo dei dispositivi) oppure intenti a giocare, a scambiarsi messaggi e immersi in conversazioni virtuali che sembrano non finire mai.
Questa immagine ricorrente mi ha spinto a riflettere profondamente e a documentarmi sull'impatto che il mondo digitale ha, soprattutto, sulle nuove generazioni.
La facilità con cui è diventato possibile connettersi è incredibile, ma dietro a questa comodità si nasconde il rischio concreto di una dipendenza difficilmente riconoscibile, che coinvolge non solo il tempo trascorso online, ma anche il benessere psicologico e la qualità delle relazioni umane. Questa osservazione mi ha aperto gli occhi su quanto sia urgente comprendere meglio questo fenomeno e trovare modi per affrontarlo consapevolmente.
Gli ingegneri e i programmatori, spinti da logiche di profitto e da algoritmi sempre più sofisticati, hanno sviluppato tecnologie che sfruttano i nostri bias cognitivi (= automatismi mentali dai quali si generano convinzioni e da cui si traggono decisioni veloci) e le vulnerabilità psicologiche più profonde. Ma a quale costo?
Le piattaforme social sono progettate per catturare la nostra attenzione e tenerci incollati allo schermo. Utilizzano tecniche che attingono alla nostra rabbia, indignazione e curiosità, creando un ciclo di interazioni che ci spinge a tornare continuamente. Ogni notifica, ogni "pollice in su" e ogni commento sono studiati per stimolare il rilascio di dopamina, rendendo difficile resistere alla tentazione di controllare il nostro feed (= sequenza di contenuti che può essere consultata scorrendo la pagina).
Questo approccio non solo ci rende più vulnerabili, ma ci allontana anche dalla consapevolezza dei rischi per la salute mentale associati a un uso eccessivo dei social.
Nonostante gli studi che evidenziano i danni psicologici legati all'uso compulsivo delle piattaforme, sembra che l'industria non si preoccupi minimamente delle conseguenze. Le app sono ottimizzate per massimizzare il coinvolgimento, senza considerare il benessere degli utenti. La salute mentale viene sacrificata sull'altare del profitto, mentre le sponsorizzate si moltiplicano, cercando di monetizzare ogni nostra interazione.
In questo contesto, è fondamentale che gli utenti diventino consapevoli di queste dinamiche, imparando a riconoscere quando sono manipolati e a prendere decisioni più informate riguardo al loro utilizzo dei profili online.
È tempo di chiedere maggiore responsabilità alle aziende tecnologiche e di promuovere un uso più sano e consapevole delle piattaforme.
Mentre gli ingegneri continuano a perfezionare algoritmi per sfruttare le nostre debolezze, è nostro compito proteggere la nostra salute mentale e rivendicare il diritto a un'esperienza che non sia solo un campo di battaglia per l'attenzione, ma un luogo di connessione autentica e significativa.
