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La maschera dei tatuaggi: un’evidente fragilità

Riflessi di Lydia

Il vero coraggio sta nell’accettarsi per ciò che si è, senza ricorrere a maschere. Sebbene tatuaggi e piercing possano essere considerati forme di espressione artistica personale, oggi spesso rappresentano anche un modo per celare un disagio interiore più profondo.

Viviamo in un’epoca in cui l’apparenza sembra prevalere sul contenuto, e il corpo diventa una tela su cui dipingere storie, emozioni ed esperienze. Tatuaggi (disegni permanenti sulla pelle realizzati in modo invasivo, iniettando inchiostri, pigmenti e altre sostanze, nello strato più profondo della cute tramite aghi o strumenti simili), piercing (perforazione di una zona del corpo per introdurvi, a scopo decorativo, anelli, orecchini e oggetti di forme e dimensioni diverse), microdermal (applicazione di un piccolo gioiello senza trapassare la pelle), e altre pratiche simili sono diventati simboli di individualità e ribellione. Tuttavia, dietro queste scelte estetiche estreme si cela spesso un disagio profondo che merita di essere analizzato con attenzione.


Le tribù indigene, da millenni, utilizzano i tatuaggi come parte di riti di passaggio, per celebrare la storia e l’identità culturale. Questi segni sono intrisi di significato, raccontano storie collettive e rappresentano valori condivisi. Al contrario, nella società occidentale contemporanea, il tatuaggio (un tempo simbolo di marginalità e trasgressione, associato a persone di cattiva reputazione) è diventato una moda collettiva priva di sostanza.


Per molti, il tatuaggio è semplicemente un mezzo per certificare un evento, mascherare insicurezze o attirare attenzione, trascurando la sacralità del gesto originario. La vera autostima e sicurezza in sé stessi non necessitano di adornamenti corporei per essere comunicate. Chi è veramente consapevole della propria identità non ha bisogno di trasformare la propria pelle in una vetrina di memoriali. Un piccolo tatuaggio può bastare, così un paio di fori sui lobi delle orecchie, perché le vere tappe della vita si imprimono nei tatuaggi invisibili del cuore, non negli esibizionismi appariscenti sulla pelle.

Il buon senso e la moderazione dovrebbero guidare queste scelte. La sobrietà e la riservatezza parlano più forte delle ostentazioni superficiali. I tatuaggi, infatti, possono riflettere un percorso di malessere interiore più che un segno di forza.

Nel tentativo di mostrare al mondo le proprie battaglie, si rischia di rivelare una vulnerabilità che, invece di essere celebrata, dovrebbe essere affrontata.

Sebbene esprimere le proprie fragilità sia un atto di coraggio, nel caso di tatuaggi e piercing questo si traduce spesso in una esposizione superficiale delle proprie cicatrici interiori. La tendenza a ostentare il dolore attraverso un disegno sulla pelle può sembrare un modo per esorcizzare il disagio, ma rischia di esacerbarlo, rendendolo palese e permanente.


Comprendere il proprio malessere è fondamentale, ma apporre un “marchio” che lo rappresenti non equivale a liberarsene o a renderlo eterno.

Le persone sicure di sé non sentono il bisogno di dimostrare il proprio valore tramite incisioni sulla pelle. La loro forza risiede nella capacità di accettarsi completamente, abbracciando le proprie imperfezioni senza ricorrere a strategie difensive come la modifica del corpo. Accettare sé stessi significa confrontarsi con il proprio disagio, non nasconderlo dietro un’immagine mistificata.


L’unicità, l’originalità e l’autenticità non si manifestano attraverso simboli esterni, ma nella sincerità con cui si affrontano le proprie insicurezze. Solo così si può davvero trasformare il disagio in una forza reale, libera da orpelli e finzioni.


Non bisogna trascurare, inoltre, le insidie legate alla salute. Uno degli aspetti più critici è la composizione degli inchiostri per tatuaggi, che può rivelarsi estremamente dannosa per l’organismo. La qualità degli inchiostri varia enormemente: molti contengono sostanze tossiche e metalli pesanti come piombo, nickel e cadmio, che possono accumularsi nel corpo e provocare gravi problemi di salute. L’esposizione prolungata a tali sostanze è stata associata a disturbi neurologici, allergie cutanee e malattie croniche. I pigmenti utilizzati non sono sempre regolamentati in modo adeguato, permettendo la presenza di componenti nocivi.


Inoltre, il processo di iniezione dell’inchiostro comporta il rischio di infezioni. Nonostante le precauzioni, la somministrazione di inchiostro attraverso la pelle danneggiata può introdurre batteri e virus, causando complicazioni anche gravi. Le infezioni cutanee possono portare a cisti, ascessi e, nei casi più gravi, a setticemia.


Un altro aspetto critico è la reazione del sistema immunitario: l’inchiostro viene percepito come un invasore estraneo, attivando una risposta immunitaria che può manifestarsi con irritazioni, infiammazioni e, a lungo termine, con granulomi o cheloidi.


Non va ignorato nemmeno l’impatto psicologico. La scelta di farsi un tatuaggio è spesso legata non solo alla bassa autostima, ma anche all’emulazione e all’illusione di permanenza. Ma in futuro? Avremo la stessa opinione di oggi? Come reagiremo ogni volta che vedremo un tatuaggio che non ci rappresenta più? Che valore avrà un tatuaggio sbiadito, indefinito dalla perdita di tonicità dei tessuti, intrappolato tra le rughe di un corpo invecchiato? Ciò che sembra “figo” in gioventù, cosa diventerà una volta adulti? Che immagine trasmetteremo sul posto di lavoro, ai colleghi? Saremo credibili candidandoci in aziende che non approvano i tatuaggi?

Molti, col tempo, si trovano pentiti e a fare i conti con il rimorso per scelte avventate o condizionate da altri.


Rimuovere un tatuaggio è un processo costoso, doloroso e, talvolta, inefficace.


Sebbene il tatuaggio possa sembrare una forma d’arte corporea espressiva e sempre più comune, può essere percepito in modo diverso da chi lo osserva. Spesso, vedere una pelle tatuata trasmette una sensazione di “sporcizia”, di eccesso, di invasività. È una percezione diffusa, anche se, ovviamente, soggettiva.


Un tatuaggio può rivelare più di quanto si desideri, comunicando agli altri un messaggio di fragilità e vulnerabilità, rappresentando talvolta una forma di masochismo o una punizione per la propria debolezza di carattere (proprio ciò che si vorrebbe nascondere dietro una facciata da “duro”).


A prescindere da ciò che uno o più tatuaggi visibili possono svelare agli altri, è importante considerare attentamente tutti gli aspetti. È fondamentale che chi sceglie di tatuarsi sia pienamente consapevole delle possibili conseguenze, perché la voglia di farsi uno o più tatuaggi, piercing o microdermal può rapidamente trasformarsi in un effetto boomerang e in un incubo sanitario.


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