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La parità di genere in casa

Riflessi di Lydia

Non è raro che legga un ennesimo post o articolo (scritto da donne, femministe, professioniste nel percorso di realizzazione personale, impegnate nell’empowerment femminile, ecc.) vertente sulla disparità di genere nelle mansioni casalinghe. Ma l'emancipazione femminile passa attraverso la "liberazione delle mansioni", anche tra le quattro mura domestiche?

Non è raro che legga un ennesimo post (=messaggio condiviso in rete) o articolo scritto da donne, femministe, professioniste nel percorso di realizzazione personale, impegnate nell’empowerment (=avere il potere nelle proprie mani) femminile, vertente sulla disparità di genere nelle mansioni casalinghe.

Questi riportano, solitamente, lamentele da parte della donna: "Gli uomini con combinano niente", "Non aiutano", "Non collaborano", “Devo fare sempre tutto io”, “Non è giusto che mi debba sacrificare sempre io”.

Queste frasi sfociano in azioni ribelli, decisioni improvvise, drastiche e unilaterali, spacciate per conquiste femministe: “Sono stufa! Lascio tutto e chi se ne frega”, “D’ora in poi le pulizie le farà solo lui”, “Mi prendo anch’io i miei spazi come fa lui”, ecc.


Ma si trovano, pure, donne dagli stereotipi ben consolidati e fuori discussione: “Io sono la donna di casa e spetta a me occuparmene”, “Lui, poverino, rientra stanco dal lavoro”, “Non c’è nessuno che possa fare meglio di me”, “Cosa devo fare? Se non faccio io le pulizie chi le fa?”, “Faccio io, tu (riferito all'uomo) non devi fare niente, stai seduto e tranquillo”, “Questo è un lavoro da donna”.


Che dire, poi, sempre in agguato, nei confronti delle donne, del biasimo, delle frecciatine taglienti, dei rinfacciamenti, delle condanne, dei giudizi negativi di persone interne ed esterne al ménage (=andamento della vita domestica) famigliare?

Tutti commenti che vanno ad alimentare i sensi di colpa, di frustrazione, di insoddisfazione, di scarsa autostima della donna, oggetto preferito di “tiro a segno”.



Il genere femminile, bisogna ammetterlo, ha difficoltà a delegare, a rinunciare ad essere indispensabile, perfetta, protagonista indiscussa della vita casalinga e famigliare.

Non ama spartire il controllo, la responsabilità, l’indipendenza decisionale.

Così facendo, però, la donna si trova a destreggiarsi malamente tra più impegni senza darsi la possibilità di un sostanziale cambiamento di rotta perché troppo “investita” dalle aspettative altrui.


In pratica, si zappa i piedi da sola.


Confidando nell’aiuto, nella comprensione, nell’indulgenza, nel riconoscimento delle persone a lei accanto, è, di fatto, colei che alimenta il suo stesso circolo vizioso di stress, contrarietà, malumori e scontentezza quotidiani.


Io mi trovo in dissenso sul fatto che l'emancipazione femminile debba passare coattivamente attraverso la "liberazione delle mansioni", anche dentro casa.

A questo proposito, noto aleggiare una certa confusione o travisamento del concetto di parità.


Parità dei diritti non è parità dei ruoli.


Ci sono le ex casalinghe, donne di casa o household manager (=amministratrici della casa), come si fanno chiamare adesso, che si eleggono, scelgono, decidono e vogliono essere le “Regine della casa” e ne fanno orgogliosamente lo scopo della loro vita senza sentirsi penalizzate, incomplete, irrealizzate e senza nulla togliere a quelle che, al contrario, non sono “portate” per tale investitura, dando la priorità ad altro.


Parimenti, si trovano uomini dalla mentalità cosiddetta“antiquata” e quelli che, invece, non hanno alcun problema ad addossarsi la responsabilità della gestione casalinga.


I ruoli si scelgono. Ognuno/a sa con chi accompagnarsi.


Non devono forzatamente essere ruoli imposti, dati per scontato, indiscussi poiché nulla deve essere fissato se non per volere della coppia stessa.

Non devono nemmeno essere interscambiabili perché uomini e donne sono morfologicamente, biologicamente, fisiologicamente, strutturalmente, diversi. Ed è un bene, perché si devono controbilanciare a vicenda.


Generare una “guerra tra i sessi” e mettere in contrapposizione ciò di cui il "maschio" e la donna devono o non devono occuparsi in casa, secondo scuole di pensiero standardizzate e, molte volte, contradditorie, non mi sembra sensato nei confronti di entrambi.



In una coppia, è necessario stabilire dei ruoli in casa (che è di fatto un'azienda) come in un qualsiasi posto di lavoro in cui si è pagati per svolgere una determinata mansione. L'unica differenza è che il lavoro viene retribuito e non esistono sentimenti intimi né la possibilità, in molti casi, di scegliere quale mansione svolgere, mentre in una vita a due si ha la possibilità di decidere insieme:

- cosa è compito di chi;

- chi lo svolge meglio;

- cosa non gli /le pesi;

- cosa gli/le piaccia fare

attraverso una innata predisposizione e una comunicazione sincera.


Il dialogo è tutto.


Concordo, invece, sul fatto che una mentalità radicale e una cultura preconcetta che certe madri trasmettono ancora ai propri figli (ad esempio: il maschio porta a casa i soldi, spetta esclusivamente alla donna prendersi cura dei figli, occuparsi delle faccende domestiche, essere a disposizione di tutti, anteporre i bisogni della famiglia ai suoi, ecc.) e figlie (ad esempio: servire e riverire il marito, non permettersi mai di essere stanche, farcela da sole, svolgere più compiti contemporaneamente, pena i sensi di colpa, non essere ritenute perfette, il non sentirsi valorizzate/apprezzate/soddisfatte se non adempiono al proprio ruolo di “moglie tuttofare”, ecc.) sia alquanto discutibile.


Le estremizzazioni da un lato o dall'altro non sono auspicabili.


Non è ammissibile, per giunta, l'intromissione di persone esterne (con i propri e personali rimproveri, rimostranze, giudizi, condanne, ecc.) nella vita di coppia ("tra moglie e marito mai mettere il dito") e nemmeno che dalla donna (un po' ci si presta pure lei) ci si aspetti la totalità dei ruoli in multitasking (=svolgimento di più attività contemporaneamente), oltretutto nocivo per la sua salute fisica e mentale, mentre, ancora oggi, il partner maschile è giustificato e scusato in tutto se assente, distratto, troppo impegnato a fare "altro".


L'uomo, infatti, non deve "dare una mano" in casa quando ha voglia, tempo o gli viene gentilmente richiesto aspettandosi, pure, lodi e ringraziamenti, quasi fosse un favore, ma fare la sua parte.


Mettersi d'accordo.


I compiti (i doveri ci sono sempre e bisogna con-dividerli), se non sono già spontaneamente delineati, devono essere ben studiati e definiti a tavolino (ovviamente, una certa flessibilità per entrambi è d'obbligo), in maniera tale che l'uomo sappia cosa tocca a lui fare come la donna sa cosa spetta a lei, in reciproco accordo; entrambi con la sicurezza di dare/fare il meglio di loro stessi per cooperare alla gestione della casa-azienda.

Se conoscono profondamente sé stessi, se hanno la consapevolezza di chi sono e di cosa vogliono, sanno, conseguentemente, come e dove agire senza interferire nelle mansioni che non siano le proprie.

Convergendo la visione, rispettandosi a vicenda, creando un equilibrio, non c'è litigio e/o giudizio che tenga.

Si tratta di un rapporto/patto/accomodamento/contributo talmente privato, intimo e personale, all’interno delle quattro mura domestiche, che nessuno, al di fuori della coppia, dovrebbe mettere naso e bocca per affermare la sua opinione, in nome di chissà quali soggettive convinzioni e/o rivendicazioni artefatte.


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