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  • Riflessi di Una Mente

IGNORANTIA NON EXCUSAT



Con il termine ignoranza, dal greco gnorizein (conoscere) e dal latino ignorare (non sapere), si indica la non conoscenza, il non sapere, il non avere informazioni.

Nessuno nasce con la saggezza incorporata, invece acquisita nel tempo con l’esperienza, la sana curiosità e l’apprendimento.


Laddove la famiglia, priva di strumenti o volontà, si dimostra incapace, ecco che dovrebbero correre in soccorso le istituzioni.

Indiscutibilmente, la scuola pubblica garantisce un’istruzione completa, equa e meritevole sebbene sia sempre più bistrattata dai tagli dei fondi e, di conseguenza, dei servizi, da una carenza cronica di personale e di ruolo, da strutture abbandonate al degrado. Se poi una materia didattica come l’educazione civica è stata per anni dimenticata, si abolisce l’uso di cortesia del “Lei” nei riguardi di maestri e professori, si esalta l’indisciplina, si sminuisce l’autorevolezza di chi insegna, si tolgono dai rituali il rispetto e la buona educazione, l’ignoranza potrebbe anche avere una sua degna logica.


Quando si parla di ignoranza non si allude solo all’incapacità di leggere o di scrivere o di calcolare. Nella maggioranza dei casi “ignorante” è usato in senso dispregiativo, indicando una persona priva di eleganza, raffinatezza, bellezza interiore, dignità, educazione e/o cultura e considerata analfabeta dal punto di vista di una qualche argomentazione letteraria, politica, informatica, legale, e via dicendo.


Non è detto che l'ignoranza sia solo figlia della mancanza di risorse economiche, anzi, spesso si camuffa sotto forma di titoli accademici commercializzati a caro prezzo e sbandierati come icone di presunzione. Numerose fonti, tra cui l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, bocciano l'Italia sul grado della formazione. Pochi laureati, docenti anziani, troppi anni di tagli e campagne di austerità, non fanno onore al paese di poeti, santi e inventori.


Se “L’ignoranza è l’origine di tutti i mali” (Socrate), l’italiano medio ama crogiolarsi nel suo sapere niente, nel sapere male e nel sapere ciò che non serve.


All’ignoranza del sentito dire si aggiungono furbizia, chiusura mentale, arretratezza culturale, bigottismo, arroganza, maleducazione, pettegolezzo, superstizione che si traducono in scarso senso del dovere, della professionalità e della correttezza. Responsabilità, onestà e legalità, ovviamente, non sono ritenuti esempi di virtù per chi fa dell’ignoranza il suo mantra.

La vita quotidiana dà sfoggio di esemplari maschili e femminili di cattiveria, aggressività e strafottenza generati dalla consuetudine dell’ignoranza consolidata e perpetuata nel tempo. Non sono risparmiati nemmeno i bambini, piccoli cloni degli adulti che fanno dell’essere ignoranti un vanto.


Anni di remota povertà, di guerra, di carestia hanno, in qualche modo, agevolato l’impossibilità di andare a scuola e acquistare libri di testo. Senza scoraggiarsi, molti poveri di tasca ma ricchi di testa si sono dati da fare, anche da autodidatti, leggendo, frequentando corsi, informandosi, conseguendo meritatamente titoli di studio anche in età avanzata.


Oggi, più che mai, il benessere socio-economico è aumentato, l’informazione è alla portata di tutti, i mezzi di comunicazione non mancano, i percorsi formativi fioccano, lo studio è aperto a chiunque lo desideri. Non ci sono scusanti nel perorare lo status di ignorante se non quello di compiacersi tale.


Non c’è niente di simpatico e divertente negli errori linguistici, lessicali e sintattici, nei modi sgarbati, nelle battutacce di cattivo gusto, nella miseria intellettuale e nel degrado spirituale esibiti nei media, nei luoghi di lavoro, nei bar, nelle case e nelle strade. La non conoscenza non trova più giustificazioni in questi tempi di interattività, globalità e multicanalità. L’intelligenza, di cui ogni singolo essere umano è dotato in varia misura, porta alla naturale necessità di voler imparare, evolvere, ampliare, confrontare, ragionare.


Orson Welles, protagonista di un episodio di “Ro.Go.Pa.G” del 1963 di Pier Paolo Pasolini, disse: “La società italiana? “Il popolo più analfabeta, la borghesia più ignorante d’Europa”.


La volontà e lo sforzo di migliorarsi continuamente sono l’antidoto alla pigrizia mentale e al trastullamento buonista generale non più tollerabile.


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