
Riflessi di Lydia
Tutto ciò che ha valore nella vita, tutto ciò che ci rende felici, produttivi e determinati è racchiuso nelle 3 "M". Queste pratiche sono menzionate ovunque e sono al centro delle conversazioni, celebrate e ricercate come il traguardo finale dell'esistenza. Ma quali sono queste 3 "M"? E perché io, invece, le evito?
Rispondo a tre domande che mi sono state poste nel corso delle mie consulenze e che argomento brevemente per fare un po' di chiarezza.
1) Se il minimalismo rappresenta la libertà, perché non lo fai tuo?
2) Perché ritieni il multitasking dannoso?
3) Bisogna fregarsene e fregare a questo mondo prima di essere fregati. Tu non la pensi così?
Iniziamo, punto per punto.
1) Pareti totalmente bianche o di tinte neutre, arredo ridotto all'essenziale, nessuna decorazione o virtuosismo stilistico, ambiente freddo e poco accogliente, spazi vuoti, ... Sembra di stare in una clinica ospedaliera, in un laboratorio asettico, all'interno di un forno microonde, in una navicella spaziale, non in una casa.

Si tratta del minimalismo, corrente sviluppatasi negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso negli Stati Uniti d'America prendendo le distanze dall'impatto emozionale e dall'energia espressiva della pop art, linguaggio per immagini tipico della società dei consumi.
Il minimalismo è una vera e propria filosofia di vita che ha preso piede in Italia negli ultimi anni come non mai in precedenza.
Non sono inusuali i blog (in italiano "spazi virtuali di contenuti testuali") che trattano questa tematica, così i canali video e tutti i professionisti appassionati e cultori di questa tendenza devoti al mantra (espressione sacra): Less is more (trad.: "Meno è meglio").
Ovunque compaiono tutorial (in italiano "lezioni in rete") su come diventare minimalisti, vestirsi in modo minimalista, avere relazioni minimaliste, trasformare la casa in stile minimalista. Insomma, è esplosa la minimal mania!
Ogni persona convertita al minimalismo decanta la superiore qualità della vita, la liberazione dalla schiavitù consumistica, la leggerezza di pensiero, il controllo sui propri beni,
i vantaggi sull'ambiente interiore (ecologia del benessere), interno (nelle 4 mura domestiche in termini di pulizie e costi), esteriore (niente trucco, niente parrucchiere, niente manicure, niente abiti per usi specifici) ed esterno (impatto ambientale minimo).
Tutto bene, quindi.
No. La vita minimalista portata all'estremo può essere rischiosa, non alla portata di tutti e può spingere ben oltre i confini del confort (in italiano "comodità"), fino ad arrivare a una vera e propria abnegazione.
Liberandosi dei beni materiali, infatti, alcune persone potrebbero provare un enorme senso di indipendenza sentendosi slegate a cose, persone e luoghi ma, quando ci si libera delle proprie cose, può risultare molto complicato (nel caso si cambi idea) rimpiazzarle, poiché potrebbero non essere più disponibili sul mercato, avere prezzi aumentati o essere insostituibili per la loro unicità e valore affettivo.
In secondo luogo, anche se si sforzano di adottare uno stile di vita a zero rifiuti, i minimalisti, abituati a eliminare tutto ciò che non è essenziale, si trovano a dover comprare ogni volta che è necessario. Questo comportamento, nel lungo periodo, risulta dannoso per l'ambiente, contraddicendo apertamente ciò che professano.
Ognuno ha il diritto di scegliere come vivere la propria vita, consapevolmente o trascinato dalla moda del momento, tuttavia è impossibile non notare la distinzione tra la decisione di non avere nulla benché benestanti (e non si facciano, comunque, mancare nulla) e il non avere scelta nel non possedere nulla come i senzatetto, i clochard (in italiano "vagabondi"), i poveri.
Ebbene, dopo un'attenta riflessione, il minimalismo, così come viene presentato, non lo pratico, perché la casa è l’anima di chi la vive, rispecchia la personalità di chi l’arreda e io ho una variegata e coloratissima personalità!
In aggiunta, amando i libri cartacei, una casa senza una o più pareti di librerie mi trasmette una grande tristezza e un profondo senso di miseria.

Le pareti bianche in tutte le stanze non mi ispirano purezza e pulizia anzi, m'invitano, come una tela bianca, a personalizzarle, riempiendole con tutto ciò che trasuda bellezza.
Inoltre, ogni stanza è destinata a un utilizzo specifico (studiare, mangiare, dormire, rilassarsi, accogliere, …) per cui ogni colore ha un significato e sprigiona l’energia giusta a tale scopo.

Non mi è affatto necessario un ambiente vuoto e anonimo per riflettere, fare introspezione, ordine mentale, vivere meglio. È vero che nella tomba non ci si porta dietro nulla ma, senza sconfinare nella convulsione dell’accumulo seriale e nel disordine totale di chi è morbosamente attaccato ai propri beni materiali (soffocato e soggiogato dalle proprie “cose”), io sono destinataria anche di quegli stimoli visivi che la mia casa mi offre e una casa senza colore, a mio avviso, è priva di calore.
Per giunta, non vedo perché dovrei privarmi dei beni che ho già e a cui tengo particolarmente solo per fare spazio ad altre eventualmente nuove (che andrei necessariamente a comprare) o a fare a meno di un oggetto (seppure non indispensabile, superfluo) che attiva tutti i miei 5 sensi, tout court (in italiano "in breve").
Conscia che il mio valore non è determinato dalla quantità di beni che possiedo o non possiedo, mi piace attorniarmi di ciò che amo, sentendomi ugualmente libera e leggera.
Non serve scomodare il minimalismo per capire che si butta via, si ricicla, si dona all'occorrenza, che ci si sbarazza di qualsiasi cosa che non ci aggradi più, che non si acquista compulsivamente, che si cambia nel tempo dentro e fuori.
Si può non essere drasticamente minimalisti senza, per questo, rinunciare a benessere, ordine, organizzazione e pulizia.
Evviva la vivacità dei colori, dunque, i contrasti e tutto ciò che ci regala benessere!

2) La seconda tendenza che evito accuratamente è il multitasking (in italiano "multioperatività", lo svolgimento di più compiti contemporaneamente).

Lo so, le donne in cerca di accettazione ne fanno un loro vanto, è uno dei requisiti delle offerte di lavoro ed è dato quasi per scontato che non se ne possa fare a meno.
Sbagliato.
Costringere il cervello a svolgere più attività, mansioni, compiti non è naturale, per il semplice fatto che il livello di concentrazione non può essere frazionato in proporzione in più direzioni. Sicché, perché andare contro natura?

Un elevato numero di incidenti domestici e stradali è effettivamente provocato da distrazioni o disattenzioni, come l'uso del telefono cellulare durante altre attività, lo spostamento dello sguardo, essere sovrappensiero, ascoltare musica o conversare svolgendo altro.
La pienezza di consapevolezza si manifesta nel momento in cui si “gusta” ciò che si sta facendo in un determinato momento e contesto. Di conseguenza, se si viene disturbati, interrotti o dirottati verso qualcos’altro, il risultato è insoddisfacente.
Saltare rapidamente da un compito all'altro non solo provoca disorientamento e confusione, ma genera anche ansia e stress, e non conduce all'efficienza e alla produttività desiderate. Fare tutto in modo eccellente è solo un'illusione. Maggiore è il numero di compiti da gestire contemporaneamente, più imminente è la minaccia alla nostra salute psicofisica.

Si pensi solo alle mamme lavoratrici. Quante di loro possono essere considerate calme, rilassate, serene, felici? Quante si trascurano a causa della mancanza di tempo? Quante, mentre lavorano, pensano alle faccende domestiche, agli impegni che le attendono a casa e ai propri figli? E, una volta rincasate, quante si portano dietro il lavoro (o il pensiero del lavoro) e si affannano nella speranza di riuscire a fare tutto?
Quante donne riescono davvero a sostenere per un lungo periodo un multitasking senza provare un senso di frustrazione, stanchezza, insoddisfazione, colpa, recriminazione?
Alla stessa stregua, Un lavoratore può mantenere un alto livello di produttività costante e duraturo con la medesima concentrazione di un singolo compito alla volta?
3) Oggi, l'indifferenza è estremamente diffusa. Proprio ieri ho visto un video su YouTube (piattaforma dedicata ai video) di una persona (per di più seguace del minimalismo) che esaltava l'indifferenza come l'arte di non preoccuparsi di nulla e di nessuno.

Per i più, fregarsene significa dire e fare ciò che pare e piace, esternare ogni singolo stato d’animo, non avere pudore né rispetto delle persone, del lavoro altrui, delle opinioni e idee diverse dalle proprie, degli stili di vita non conformi ai canoni, ecc.
Penso che non sia saggio ingannare gli altri solo perché si presume che lo facciano anche loro, né ignorare, trascurare, deridere, disinteressarsi o mostrarsi indifferenti verso qualsiasi cosa o persona. Viviamo infatti in una comunità regolamentata, in interazione e relazione con altri individui, a meno che non ci si isoli in un eremo lontano dal resto del mondo.
Adottare un atteggiamento menefreghista, oltre a vivere un profondo disagio, indica una percezione della vita molto più cupa della realtà.
L'attitudine del menefreghista consiste, difatti, nel mostrare un disinteresse totale verso tutto e tutti, agendo egoisticamente per il proprio vantaggio e interesse, evitando di impegnarsi in ciò che sarebbe suo dovere fare e non riconoscendo l'autorità e l'autorevolezza di chi è preferito a lui per diritto, levatura morale, valore e merito.

Fregarsene non è possibile, dal momento che si fa parte di questo contesto e periodo storico e siamo tutti abitanti di questo pianeta.
Il menefreghista accetta passivamente le scelte, le decisioni e le regole imposte da chi agisce per lui, lamentandosene senza voler fare nulla (a parte alzare il dito medio, naturalmente). Essere menefreghista significa crogiolarsi nei propri lamenti, generando solo infelicità.
L'Universo, al contrario, ci vuole tutti felici.

Non è menefreghismo:
- non lasciarsi condizionare dai pareri, dai giudizi e dalle aspettative altrui;
- non dare importanza a chi e a cosa non ne ha;
- vacillare di fronte alle incertezze espresse;
- evitare di essere condizionati da situazioni e individui che non contribuiscono al nostro benessere;
- non lasciarsi guidare da propositi e obiettivi che non ci appartengono;
- non addossarsi colpe e frustrazioni che non abbiamo;
- non intraprendere percorsi personali e professionali incoerenti con i nostri valori;
- non condurre una vita secondo chi ci desidera a sua immagine e somiglianza.
É, invece, acquisizione di conoscenza, assunzione di responsabilità e presa di coraggio.
Tutto questo implica allontanarsi da chi e cosa non ci fa sentire bene, non ci rispecchia, non ci comprende, non ci valorizza, non ci apprezza, non ci accoglie, non ci ama.
È la saggezza e l'intelligenza nell'identificare fino a che punto sia opportuno, praticabile e possibile dialogare, rispondere, ascoltare e dare ragione, e quando, invece, sia preferibile desistere per proteggere la propria sicurezza fisica e mentale.
È la consapevolezza di chi si è e di ciò a cui non si è disposti a rinunciare, è la maturità di saper dire dei sani «No».
Il minimalismo, il multitasking e il menefreghismo non sono adatti a me, poiché seguo il buon senso.
E voi cosa decidete di praticare e per quale motivo? Vi siete mai posti questa domanda?
Il nuovo libro in uscita è ricco di questi e altri argomenti, quindi restate sintonizzati!